venerdì 9 agosto 2024

It's a kind of magic



All'uomo col gatto morto in testa piacciono i maschi alfa come lui: Putin è smart; Xi Jinping è smart. Forse è smart pure Kim Jong, il ciccione con il vizio dei missili. A parte questo, stessero, però, tutti molto attenti. Non scherza, Lui.

Avesse Vladimiro, invaso l'Ucraina con me alla Casa Bianca, avrei fatto bombardare Mosca. Stesso trattamento con Pechino, se Xi si azzardasse a Taiwan. Per il resto Xi è un figo: governa col pugno di ferro 1 miliardo e quattro di persone. A proposito di ferro, mi sono preso una pallottola per la Democrazia. Nessuno lo dimentichi. Un “grazie” allo sfigato senza mira – riposi in pace – : insieme ad un balzo nei sondaggi, c'ho la foto della vita; capace che tra 10 anni batto pure Che Guevara. Per Gaza e l'Ucraina, ci penso io: tempo 24 h e risolvo. Biden? Un rincretinito. La Harris? Una Pazza. Tim Walz? Un comunista. Le elezioni? A novembre vinco sicuro; e se non dovessi vincere, sarà un bagno di sangue. Quanto al riscaldamento globale, rilassatevi; è colpa del Sole. Già successo. Smettere col carbone e il petrolio rovinerebbe l'industria. E poi, se il livello degli oceani dovesse salire, non sarebbe un gran danno; avremmo più case vista mare.

Ecco, tratta da esternazioni più o meno recenti, una libera sintesi del pensiero dada-futurista di Donald Trump; per la seconda volta candidato alla presidenza degli USA, il paese più sviluppato del pianeta.

Una domanda sorge spontanea: ma il trumpiano di media intelligenza non nota il dilettantismo logico e morale? Evidentemente no; e questo perché appena “pensa politico”, egli transita dal mondo logico nel pensiero magico. Il quale non si cura di contraddizioni (sono un martire della democrazia combina poco con, grande Xi, governa col pugno di ferro); salta i mediatori fisici (faccio finire la guerra in Ucraina in 24 h., senza dire come); inventa nessi (è colpa del sole)
Una volta, una civetta che di notte ti cantava vicina, era segno di malaugurio (fulmini, briganti, malattie); le congiunzioni astrali causavano epidemie e la combustione, si pensava dipendesse da una misteriosa sostanza (il flogisto) rilasciata dalle cose che bruciavano. Fluidi, partecipazioni, materie occulte, azioni a distanza, simpatie. Mentalità superata? Non proprio del tutto.

Verosimilmente, pochi elettori trumpisti metterebbero risparmi, vie urinarie e figli, nelle mani di un consulente finanziario, un chirurgo-urologo o un insegnante dalla cui bocca fossero uscite balordaggini come quelle sopra riferite. E ciò perché i rapporti di causa-effetto, in questi casi, sono troppo immediati (soprattutto per le vie urinarie). Diverso per la politica, dove tutto sfuma nell'astratto, nel difficile, nel remoto: aliquote fiscali, medio-oriente, sanità pubblica, fonti energetiche, Ucraina, dazi, bioetica, migrazioni.

Avrei fatto bombardare Mosca. Ci sarà stato un solo trumpista – uno che sia uno – che si sia chiesto, “Ma poi abbiamo mediatori fisici (contraerei) adeguati? Quel tipo, al Cremlino, pare sia uno che se la lega al dito”. Chissà.
In un mondo sempre più aperto, minaccioso, imbrogliato, Donald Trump è per la classe media bianca il Protettore magico (Fromm, 1941), lo Sciamano. Al posto di addobbi cornuti sulla testa, maschere, amuleti, pendagli e vistose pellicce, brandisce Boeing 757, Torri pacchiane, rubinetti d'oro, parlata dura e gesticolio da macho. Nel novembre 2016, cow-boys e operai middle class, regredendo al pre-logico-infantile, pensarono, Se è stato tanto bravo nel fare i suoi affari, farà bene anche i nostri. Per “simpatia”. Abboccheranno la seconda? Facciamo le corna.

                                                
                                                                                                              g m






 

mercoledì 15 maggio 2024

L’ontologia mette la toga


 

Sa di greco ma i greci non lo usavano. Il primo ad inventarselo, all’inizio del ‘600, fu Jacob Lorhard, professore svizzero di arti liberali; signore dimenticatissimo. Poi capitò nelle mani di Christian Wolff, seguace di Leibniz, e fu la consacrazione. Vecchio e severo vocabolo, “ontologia”; tanto severo da mettere soggezione. Nel lessico filosofico significa un discorso (logos) teso a rintracciare le strutture profonde dell'essere (ontos); il nocciolo delle cose, insomma; l'essenza. È l'eterna tentazione dell'anima più ambiziosa della filosofia (da Platone ad Heidegger, passando per Hegel e Marx); cui, da sempre, fa da contrappunto la sospettosità dell'anima più disincantata (da Socrate a Popper, passando per Locke e Voltaire). Filosofi tender-minded (menti delicate) e tough-minded (menti dure): così tipizza chi parla inglese; filosofia come discorso sull'essere e filosofia come analisi dell'esperienza. Il “delicato” elabora sistemi generali; il “duro” sta agli scabri fatti constatabili.

Come si sa le parole migrano, sconfinano, colonizzano. Non sorprende dunque trovare l'ontologia anche nel documento con cui il Sindacato Magistrati italiani ha chiuso il suo congresso palermitano. Respingendo ogni possibile ipotesi di separazione delle carriere, l'ANM afferma: L'unicità della magistratura è valore fondante del nostro associazionismo: tale sua caratteristica ontologica è incompatibile con ogni possibilità di mediazione e trattativa sugli specifici contenuti delle riforme. Enunciazione solenne: ogni separazione dei Pubblici Ministeri (magistrati che indagano) dal resto della categoria, li porterebbe fatalmente nella sfera di influenza del potere politico-governativo, con serissime conseguenze sul “controllo di legalità” che i magistrati - indaganti o giudicanti - devono esercitare senza guardare in faccia nessuno. Di passaggio, ricorderemo che la descritta deformità esiste in Inghilterra, Canada, Svezia, Germania, USA, Portogallo, Spagna, Australia, Giappone, Nuova Zelanda; e, nei fatti, in Francia.

Ora, siccome la filosofia ha due anime (e forse di più), passeremo dal discorso sull'essere all’analisi dell'esperienza, la quale, avendo la “mente dura”, per organizzarsi ricorre spesso alla sotto-categoria ontologica dei fatti e dei numeri. In Italia è rarissimo che un Giudice delle indagini preliminari prenda decisioni diverse da quanto chiesto dal PM (rinvio a giudizio o archiviazione); quando lo fa sono clamori (caso Perna a Milano); nella cosiddetta Udienza preliminare, dove, in seconda battuta, si vaglia l’opportunità di spedire qualcuno a processo, i casi in cui il Giudice delude il PM non arrivano al 3% del totale; se poi si guardano gli esiti dei processi di primo grado, si scopre che nel 50,05% dei casi l'imputato viene assolto. Oggi, PM e Giudici passano la loro vita negli stessi palazzi e pertinenti corridoi, fanno gli stessi concorsi, partecipano agli stessi corsi di aggiornamento; i maligni aggiungono all’elenco anche le pause-caffè; durante i primi dieci anni di carriera possono - per una volta - passare dall'uno all'altro ruolo; e, per finire, vengono ogni quattro anni valutati da un Consiglio Giudiziario distrettuale (una sorta di CSM locale) eletto da loro stessi medesimi; un organo “misto” dove le valutazioni si incrociano: Pubblici Ministeri valutano Giudici; e Giudici, Pubblici Ministeri. Risultato? Il 99,2% viene promosso. Che significa che tutti arrivano a fine carriera con medesimi, sostanziosi stipendi e pensioni. A prescindere. Ce ne è abbastanza per farsi venire il ragionevole dubbio che quando entra in aula, il Magistrato giudicante veda il Magistrato indagante leggermente più alto dell'Avvocato difensore?

I dirigenti dell' ANM avrebbero anche potuto scrivere che “l'unicità delle carriere è caratteristica essenziale della Magistratura”. Ma non hanno resistito: vuoi mettere un “essenziale” con un “ontologico”?


                                                                                             gigi monello

domenica 14 gennaio 2024

L'ospedale che non cura



Che pensereste di un Ospedale che, dopo un soggiorno ricco di ogni comfort, dimettesse i suoi pazienti senza averli curati? Tutto il male possibile, crediamo. È in questo parallelo (p.62) la migliore sintesi del recente libro sulla Scuola di Giorgio Ragazzini (Una scuola esigente. Educazione, istruzione, senso civico, Rubbettino, 2023). Da tempo la scuola italiana manca l' obiettivo di fondo: guarire i suoi “ospiti” dal naturale male della immediatezza. Deliziosa qualità da piccoli; pericoloso difetto da grandi. Egocentrismo, pre-logicità, impulsività, suggestionabilità.
Il sole gira; il bastone si spezza nell'acqua; la terra è piatta; i vaccinati si ammalano come i non vaccinati. Apparenze ingannevoli; il mondo ne è pieno. E sono in tanti a sguazzarvi. A novembre 2021 c'erano in Italia 39 milioni di vaccinati contro otto milioni di non vaccinati; e la quota di vaccinati ospedalizzati ha superato quella dei non vaccinati; è l'effetto paradosso: nessun vaccino copre il 100%; cosa risaputa; ovviamente non puoi guardare le cifre assolute e ignorare le percentuali. Basterebbe una scuola media appena appena presentabile, per uscire dotati di queste "guarnizioni" intellettuali. Quel che non succede oggi. 
Certo, l'immediatezza, cognitiva e affettiva, è un ventre caldo dal quale si esce a fatica: ci vuole studio, impegno; sforzo; disciplina; fallimenti; riprese; la faccenda procura frustrazione. Quanto è complicato il mondo: uno dice che i salari sono aumentati; un altro che prezzi di beni e servizi lo hanno fatto di più. Capire è faticoso. Analizzare stanca. Scrive l'autore, “Educare significa fondamentalmente due cose: vicinanza affettiva e allenamento alla realtà.” (p. 19). E la realtà è fatta di cose esterne spesso opache e imbrogliate; e di altri uomini spesso niente affatto disposti al dono, alla benevolenza; o alla sincerità.
L'immagine dell'Ospedale che non cura, evoca (inevitabile) Don Milani; la sua celebre denuncia contro la Scuola che boccia i più deboli. Beffardi rovesci del destino. Il suo ideale oggi si è pienamente realizzato: nessuno rischia di stare fuori; tutti saldamente dentro; tutti indifferentemente abbandonati all'allegro caos socio-educativo da cui tutti escono impugnando il successo formativo. Chissà cosa penserebbe di questa scuola/2023 Don Lorenzo; sul pensiero del quale, l'autore chiarisce, una volta di più, storici equivoci e comode, pluridecennali distorsioni (p. 41 e sgg.).

Ragazzini ci conduce in viaggio nell'universo gelatinoso della scuola indulgente: tempo dissipato in una miriade di “educazioni a qualche cosa”, con immancabile esperto in passerella (“...è semplicemente impensabile dare spazio anche solo a una parte di questa alluvione di temi (…) senza togliere ai docenti il tempo (…) per svolgere i programmi”, p. 84); occupazioni e autogestioni come consolidato, puntuale obbligo stagionale (p.86; 101 e sgg.); lezione frontale declassata a risibile vecchiume da abbandonare a favore di più smaglianti forme di edutainment (p. 142 e sgg.); scrutini finali con voti plasmati “a fantasia”, tanto da docenti benevoli (bocciare? sarebbe un trauma), quanto da Dirigenti ventilanti possibili danni “materiali” (bocciare? perdiamo cattedre) (p. 61 e sgg); diritto a copiare, diffuso, tollerato, giustificato, quasi legittimato; tanto durante l'anno come agli esami (le vie della socializzazione sono infinite) (p.77 e sgg.); comportamenti rubricabili come cronica selvatichezza; e corrispondente rassegnazione di adulti disarmati da una normativa cieca (“I comportamenti scorretti degli studenti si situano in un continuum di gravità molto ampio. A un estremo ci sono gli episodi gravissimi (…), all'altro quella che possiamo chiamare micro-indisciplina”, p.98); dilagare furbo di alunni certificati DSA (disturbi specifici dell'apprendimento), e successivo tsunami – furbissimo – di brevettati BES (bisogni educativi speciali); un palese insulto alla verità dei fatti, con connesso, pauroso aumento dei carichi burocratici (“Se per i disturbi specifici dell'apprendimento (...) si è verificata una vera e propria epidemia di diagnosi, fu subito chiaro quale alluvione di casi ci si doveva aspettare con la normativa sui BES”; pp. 118-119). Considerata l'elasticità del concetto, chiunque può sperare di mutarsi in Bes, cioè aspirare a servirsi di quella triste magia che trasforma in “diversamente sufficiente”, un profitto insufficiente .

La retorica del “purché sia nuovo”, intanto, macina, impasta e cuoce senza posa altre trovate: tutor, orientatori, potenziamenti digitali; persino educazione alle relazioni (tornassimo a far leggere i Promessi Sposi…).
L'ospedale accoglie tutti ma non cura nessuno. Come dice l'autore, a farne le spese sono soprattutto i meno socialmente supportati (“Nel corso degli anni in molti hanno avvertito che una scuola del genere – che vorrebbe essere inclusiva – danneggia proprio i ragazzi delle famiglie più svantaggiate culturalmente, il cui unico ascensore sociale è rappresentato da un'istruzione approfondita”; p.12).
L'ospedale accoglie ma non cura. Viene in mente il Priore di Barbiana, ma anche quel notissimo passo del Gorgia di Platone, dove una parte della Politica (l'attività giudiziaria) è paragonata all'arte del medico, e la Retorica all'arte del cuoco. Da buoni 25 anni campiamo di gastronomia.

                                                                                                        gm