giovedì 16 marzo 2023

Tu chiamali se vuoi... di istruzione (30/1/2012)




Qualche anno fa, a metà Dicembre, una 5a Liceo scomparve dalla mia vista. Gita a Praga. Viaggio d'istruzione. Servirà pure a qualcosa la scuola. Bisogna avere 18 anni e buona salute, per capire sino in fondo cosa l'immaginazione associ ad un viaggio con le compagne di classe. Siccome erano canaglieschi e simpatici, e ci parlavo, al rientro, nei pochi giorni che mancavano a Natale, li intervistai. Ecco una sintesi di quell'umana vicenda:I professori? Li vedevamo solo al mattino e per la cena, in albergo; ci credo...era pagata. Pomeriggio? Per conto nostro. Sera? Per conto nostro. I professori? Per conto loro. Verso le 23 andavamo in discoteca...ce ne sono un sacco a Praga...Sì, sì, ogni notte. Rientro? Verso le 5...a volte le 6. L'indomani ci alzavamo un po' stressati...Le visite guidate? Mah, non è che fosse sempre un obbligo...una volta c'era da scegliere: o quella "palla" del Cimitero Ebraico, o un giro libero per la città, con la guida. La guida ci ha mollato presto, e allora siamo andati al Museo del sesso. Sapesse professore! Un filmino porno...del 1926...(risate). Poi ci sono i Pub, vedesse...la birra è buona e costa poco...Si è ubriacato persino XY (risate)...era talmente "fatto" che, mentre ballava, non faceva altro che mettere le mani sul sedere delle ragazze. Erano locali "speciali"...al primo piano si beveva e si ballava; al secondo si vedeva lo streep (delle bambole professore!). Indovini al terzo...(risate). Bastavano 2000 corone, cioè circa 40 euro...no, no, non ci è andato nessuno, sta scherzando!?. Per strada ci seguivano dei negri...in continuazione, un tormento...Cosa volevano? Offrivano sesso, donne...prestazioni...prezzi modici (risate). Il viaggio?...bah, tutto compreso 360 euri...Si, abbiamo visto piazza San Venceslao dove quel tizio si è dato fuoco...e il Palazzo Reale...bello...Una sera, prima della discoteca, siamo usciti un po' coi professori: siamo entrati in un locale dove facevano la lap dance...Don XY se ne è uscito di corsa...era scandalizzato, sembrava avesse visto il diavolo! (risate)...Non ho mai fatto un viaggio di istruzione e penso proprio che continuerò a privarmene. Al loro, ripetuto, "Ci porta in gita?", ho sempre risposto, "Mi spiace ragazzi, voglio morire illibato". Uomo di corte vedute. In compenso ho, sul tema, un discreto repertorio di aneddoti: si va dalla bancarella di souvenirs depredata ad Assisi da gentili cavallette, al water divelto da baldi giovani e poi lanciato nel cortile di un alberghetto in provincia di Cagliari; dall'ovazione sul pullman, alla notizia che il Palazzo dei Papi, ad Avignone, è chiuso per lavori ("ce la siamo scampata bella!"), al sacerdote accompagnatore che, a Barcellona, rientrando in Hotel, trova in un corridoio un'alunna abbracciata ad una compagna; per un attimo teme sia lesbismo; e subito si calma scoprendo che la compagna è "solo" un cameriere dalla lunga chioma. Lussuria sì; ma secondo natura. C'è, poi, la storia di un disperato Prof che, a notte fonda, per ricacciare l'orda nelle stanze, deve menare colpi di asciugamano bagnato. E l'elenco potrebbe continuare. Naturalmente, qualche serio collega potrebbe qui adontarsi, e osservare che non sta bene generalizzare; e che lui, di viaggi, ne ha fatti e visto fare di ben diversi. E io non mancherò di credergli sulla parola; solo che, come sempre, è tutta questione di denominatore. Seri? Quanti sul totale di quelli effettuati? Ecco un bel programma di ricerca per i ministeriali indagatori della "qualità". E per i Teoreti che ogni quattro anni provano a ristuccare il mondo; e ai quali non passa mai per la testa l'unica cosa importante da capire: e cioè che nella Scuola Italiana, tra viaggi siffatti e mille consimili scempiaggini, praticamente non si studia più. Verità luminosamente presente, invece, a quella accompagnatrice che, in piena sala professori, con tono deliziosamente svagato, ebbe pure il coraggio di dire, "Mi sento già in vacanza...sarà per il viaggio di istruzione...".
               
              
                                                                  Gigi Monello

mercoledì 1 marzo 2023

Caso Cospito: un confronto facile, facile


 

Procurarsi gli attrezzi per la bisogna non fu cosa difficile: due pentole, un tubo di ferro e un bloccasterzo. La coppia di cinquantenni benestanti fu tramortita di sera, al rientro a casa, e poi finita con ripetuti colpi sulla testa. Non fu cosa veloce: quasi un’ora di agonia. Era il 1991; i responsabili furono trovati in poco tempo: quattro ragazzi della provincia veronese; uno di loro, il più grande (20 anni), era il figlio dei martirizzati. Un dilettante: la simulazione del furto apparve subito goffa, e lui stranamente freddo. Avevano una colpa, i suoi genitori; imperdonabile: sarebbero verosimilmente campati ancora a lungo; impossibile aspettare tanto per ereditare. Il figlio - l'ideatore - prese trent’anni. Ne fece 22 e, nel 2013, uscì. Cinquantenne, oggi vive tranquillo, lavora, si diverte il giusto (supponiamo); forse frequenta ancora discoteche. Ha detto di essersi pentito. Può essere. Tuttavia riesce difficile giudicarlo una “bella persona”.

Veniamo ad anni più vicini e consideriamo un secondo “dilettante” del crimine, quasi coetaneo del primo. Storia assai diversa: politicamente imbevuto di ideologia anarco-insurrezionalista, si è da tempo convinto che, per educare le masse, occorra colpire i simboli dello Stato; nemici a caso; non importa chi siano; bersagli a prescindere; basta che rappresentino il male. Nel 2006 piazza due bombe davanti alla caserma dei Carabinieri di Fossano (Cuneo) e alla contigua Scuola Allievi. Gli ordigni, programmati per esplodere a 25’ l’uno dall’altro (vecchio trucco), lo fanno; ma esperienza dei “destinatari” e fortuna, vogliono che nessuno ne riporti un graffio. Tempi mal calcolati? Forse. Nel 2012 dopo aver gambizzato a Genova un dirigente Ansaldo, viene preso e da allora sta in carcere. Per coerenza etico-politica, non si è mai pentito. Anche in lui non riesce facile vedere una “bella persona”. Con una differenza: le intenzioni del primo soggetto sono transitate nel mondo dei fatti; quelle del secondo, no. Chi lo difende, dice, “Non ha mai ammazzato nessuno”. Meglio sarebbe dire, “Non gli è mai riuscito…”. Ma qualunque cosa si voglia pensare, un fatto resta netto e solido: non ha morti ammazzati di cui rispondere.

Confrontiamo i diversi destini: al primo, 22 anni di galera; al secondo ergastolo ostativo (41 bis); una quasi morte. La Giustizia penale ha da essere retributiva, cioè aritmetica, cioè proporzionale. Se qualcuno ci spiegasse l’arcano.

                                                                             gigi monello