lunedì 27 dicembre 2021

Accabadore, mamuthones e mammuscones




L' ultima accabadora che ha operato a Gergei si chiamava Luisica Conch' 'e Cuaddu, e il suo ultimo intervento deve essere stato nel primo dopoguerra, a favore di un uomo di nome Piriccu F. che aveva il vizio di fumare il sigaro  a fogu aintru, cioè tenendo la brace del sigaro dentro la bocca, abitudine a quei tempi molto diffusa, ma deleteria per la salute. Infatti ziu Piriccu si prese un brutto tumore alla bocca che sul finire gli procurava dolori atroci e per questo chiese l' intervento de s' accabadora per praticargli la " dolce morte". L' intervento fu poi praticato con l' approvazione più o meno esplicita della comunità.

Anche l' infanticidio era molto praticato nel passato, di solito per motivi eugenici. Per il mondo greco-romano abbiamo anche una ricca documentazione. Ma sembra fosse molto praticato dappertutto fino a tempi recenti.
Se ne può trovare qualche traccia anche nel mio paese. Si racconta infatti che tale C. T., verso gli anni '60, saputo della nascita di un un figlio del fratello, si recò a fare visita per vedere il nipote, e dopo averlo esaminato disse: "Mi paridi leggixeddu meda. Ita feis, dhu chisteis ? ", ( Mi sembra molto bruttino. Cosa fate lo allevate ?); facendo riferimento e consigliando in pratica l' infanticidio. Per fortuna ormai i tempi erano già molto cambiati, e specie la madre si scandalizzò e il neonato fu allevato. Però lo zio, sul suo stato di salute aveva visto giusto. Infatti il bambino era sempre malaticcio, e crescendo andò sempre peggiorando fino a diventare invalido al 100 x 100 e, carico di malanni, finì allettato.

In realtà la pratica eutanasica de s' accabadora è stata introdotta nell' ottocento come pratica meno crudele di quella di buttare i vecchi giù da un dirupo, usata fino ad allora, o di abbandonarli in campagna, pratica meno cruenta ma anch' essa crudele. Per questo motivo penso che sarebbe opportuno rivalutare la figura de s' accabadora, almeno ora che la sentenza 242/2019 della Corte costituzionale ha riconosciuto il diritto al suicidio medicalmente assistito ad alcune tipologie di pazienti. Il suo metodo, infatti, non faceva soffrire l' anziano perché la specialista, prima lo faceva svenire con un colpo secco alla tempia col suo martello di legno, per poi, subito dopo, soffocarlo col cuscino. Inoltre prima si accertava se il paziente fosse in grado di intendere e di volere; e, in tal caso, se fosse consenziente e determinato, come chiarisce bene la scrittrice Michela Murgia nel suo Accabadora edito da Einaudi.
Quindi, già molto tempo prima della sentenza della suprema Corte, s' accabadora sarda si ispirava, sostanzialmente, ai criteri da essa poi stabiliti. Dunque, rivalutiamola pure. 

Una pratica di "anestesia", simile a quella citata, la si attuava anche dai dentisti nel Far West, come si vede in certi film western, assestando un colpo di mattarello alla tempia del paziente prima dell' estrazione del dente.
Queste antiche pratiche sono ben documentate dalla nota studiosa Dolores Turchi, sia sulla base di testi di autori latini e greci, sia di testimonianze di alcuni anziani di vari paesi del centro Sardegna (1) 
Anche F. Masala in Il culto delle acque in Sardegna, riporta di due storici greci, Timeo a Eliano, che dicono che in Sardegna i figli buttavano i vecchi nelle pozze dei fiumi o nei baratri pieni d'acqua (sos mammuscones) quando raggiungevano i 70 anni, col rituale dell' affogamento. A Cossoine (SS) esiste una voragine naturale in cui scorre acqua, Sa ucca 'e su Mammuscone, dove secondo le leggende locali venivano buttati i vecchi e anche le ragazze che restavano incinte senza essere sposate. Masala fa anche l' interessante ipotesi che il nome Mamuthones derivi da mammuscones e che la "processione danzata "(R. Marchi) eseguita dalle maschere tipiche del carnevale di Mamoiada (sos Mamuthones, i vecchi; e sos Issohadores, i giovani), sia "la permanenza folclorica dell' antichissimo rito dell' affogamento nelle acque" delle voragini dette " mammuscones ".

Testimonianze chiare della pratica di abbandonare i vecchi in campagna ci sono anche nel mio paese. Si trovano nel racconto di come fu dismessa quella tradizione, e mi sembrano credibili perché sostanzialmente uguali, pur con qualche differenza, alle testimonianze raccolte dalla Turchi in paesi distanti tra loro e di cultura e lingua un po' diverse. Anche mia moglie, che ha trascorso buona parte dell' infanzia in Abruzzo, ricorda di avervi sentito un racconto simile, ma con una significativa differenza.
Quanto alle motivazioni di quella tradizione, si dice che all' inizio dell' inverno, quando la sopravvivenza diventava più difficile, e i vecchi non autosufficienti apparivano un peso gravoso per la famiglia e una bocca in più da sfamare, erano loro stessi a chiedere il trattamento previsto dalla tradizione, sacrificandosi volentieri per dare una possibilità in più alla nuova generazione dei nipoti. Tutti i testi e le testimonianze sembrano concordano sul fatto che i vecchi accettassero volentieri questa tradizione e la difendessero.
Checchè ne dicano i racconti, io da indomito seguace del materialismo storico, credo che il vero motivo per cui si abbandonò quella pratica, era che le condizioni di vita stavano migliorando e quindi quella tradizione crudele non aveva più senso di esistere.

Un racconto del mio paese dice di un uomo che stava portando il padre in campagna a spalla. Giunto a un posto non molto lontano dal paese chiamato s' abasiadroxu dove si riposavano quelli che trasportavano fasci di legna da ardere a spalla, si fermò per riposare. Il padre gli disse: "Innoi m' arregodu ca mi fui abasiau deu puru candu 'ncia portau a babbu miu a su sartu". (Qui mi ricordo che riposai anch' io quando portai mio padre in campagna). A questo punto l' uomo, riflettendo sulle parole del padre, capì che quello sarebbe stato anche il suo personale destino e decise di rompere la tradizione, riportando il padre a casa per assisterlo. La variante abruzzese dice che mentre l' uomo stava per uscire di casa, il figlio gli chiese dove stava andando, e alla spiegazione del padre disse :" Voglio venire anch'io, così imparo per quando dovrò portare te ". A queste parole anche l' uomo abruzzese capì che era meglio rompere quella tradizione e lasciò in casa il padre per assisterlo. Anche gli indiani d' America avevano tradizioni simili; però presso di loro i vecchi, quando sentivano che le forze li stavano abbandonando, si allontanavano da soli per lasciarsi morire nelle campagne.

Nota (1) D. Turchi, Leggende e racconti popolari della Sardegna; idem, Lo sciamanesimo in Sardegna; idem, Le tradizioni popolari della Sardegna. Questi tre testi vanno bene anche per chi volesse approfondire la conoscenza dei contus de forredda o de foghile, perché la maggior parte rientrano in tale categoria, anche se ciò non viene specificato.

Antonio Murgia
ex Docente Liceo Scientifico Pacinotti - Ca