tag:blogger.com,1999:blog-23237790435781584172024-03-13T20:27:03.919-07:00LAKINOSEUMANDRAKEgigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.comBlogger26125tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-85937378750723233792024-01-14T03:15:00.000-08:002024-01-14T07:38:30.176-08:00L'ospedale che non cura<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggtok0WTM2W8l-iG3fTfB3D3sSfQZxC9nHR-pXFwGcQVeG7ITPUoqDcbO4yxDhuL4UPD0iLvRTyxivKas5Y-xeZkM72hdEus9NSsTr0GM_PuWtmkmURvX1bl4XlRBVaZeuIViHbVpwEUkfHqdkWzdpwczVwayxYMs9MoO7pnEwB6t9GNrie2hzd0uvXlU/s469/detailed_v4%20(1).jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="394" data-original-width="469" height="538" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggtok0WTM2W8l-iG3fTfB3D3sSfQZxC9nHR-pXFwGcQVeG7ITPUoqDcbO4yxDhuL4UPD0iLvRTyxivKas5Y-xeZkM72hdEus9NSsTr0GM_PuWtmkmURvX1bl4XlRBVaZeuIViHbVpwEUkfHqdkWzdpwczVwayxYMs9MoO7pnEwB6t9GNrie2hzd0uvXlU/w640-h538/detailed_v4%20(1).jpg" width="640" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">Che pensereste di un Ospedale che, dopo un soggiorno ricco di ogni comfort, dimettesse i suoi pazienti senza averli curati? Tutto il male possibile, crediamo. È in questo parallelo (p.62) la migliore sintesi del recente libro sulla Scuola di Giorgio Ragazzini (<b><i>Una scuola esigente</i></b>. Educazione, istruzione, senso civico, Rubbettino, 2023). Da tempo la scuola italiana manca l' obiettivo di fondo: guarire i suoi “ospiti” dal naturale male della <i>immediatezza</i>. Deliziosa qualità da piccoli; pericoloso difetto da grandi. Egocentrismo, pre-logicità, impulsività, suggestionabilità.<br /></span><span style="font-family: arial;">Il sole gira; il bastone si spezza nell'acqua; la terra è piatta; i vaccinati si ammalano come i non vaccinati. Apparenze ingannevoli; il mondo ne è pieno. E sono in tanti a sguazzarvi. </span><span style="font-family: arial;">A novembre 2021 c'erano in Italia 39 milioni di vaccinati contro otto milioni di non vaccinati; e la quota di vaccinati ospedalizzati ha superato quella dei non vaccinati; è l'<i>effetto paradosso</i>: nessun vaccino copre il 100%; cosa risaputa; ovviamente non puoi guardare le cifre assolute e ignorare le percentuali. Basterebbe una scuola media appena appena presentabile, per uscire dotati di queste "guarnizioni" intellettuali. Quel che non succede oggi. </span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;">Certo, l'immediatezza, cognitiva e affettiva, è un ventre caldo dal quale si esce a fatica: ci vuole studio, impegno; sforzo; disciplina; fallimenti; riprese; la faccenda procura frustrazione. Quanto è complicato il mondo: uno dice che i salari sono aumentati; un altro che prezzi di beni e servizi lo hanno fatto di più. Capire è faticoso. Analizzare stanca. Scrive l'autore, “Educare significa fondamentalmente due cose: vicinanza affettiva e allenamento alla realtà.” (p. 19). E la realtà è fatta di cose esterne spesso opache e imbrogliate; e di altri uomini spesso niente affatto disposti al dono, alla benevolenza; o alla sincerità.</span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;">L'immagine dell'Ospedale che non cura, evoca (<i>inevitabile</i>) Don Milani; la sua celebre denuncia contro la Scuola che boccia i più deboli. Beffardi rovesci del destino. Il suo ideale oggi si è pienamente realizzato: nessuno rischia di stare fuori; tutti saldamente dentro; tutti indifferentemente abbandonati all'allegro caos socio-educativo da cui tutti escono impugnando il <i>successo formativo</i>. Chissà cosa penserebbe di questa scuola/2023 Don Lorenzo; sul pensiero del quale, l'autore chiarisce, una volta di più, storici equivoci e comode, pluridecennali distorsioni (p. 41 e sgg.).</span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: medium;"><br /></span></div> <div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;">Ragazzini ci conduce in viaggio nell'universo <i>gelatinoso </i>della scuola <i>indulgente</i>: <b>tempo dissipato</b> in una miriade di “educazioni a qualche cosa”, con immancabile esperto in passerella (“...è semplicemente impensabile dare spazio anche solo a una parte di questa alluvione di temi (…) senza togliere ai docenti il tempo (…) per svolgere i programmi”, p. 84); <b>occupazioni e autogestioni</b> come consolidato, puntuale obbligo stagionale (p.86; 101 e sgg.); <b>lezione frontale</b> declassata a risibile vecchiume da abbandonare a favore di più smaglianti forme di <i>edutainment </i>(p. 142 e sgg.); <b>scrutini finali</b> con voti plasmati “a fantasia”, tanto da docenti benevoli (<i>bocciare? sarebbe un trauma</i>), quanto da Dirigenti ventilanti possibili danni “materiali” (<i>bocciare? perdiamo cattedre</i>) (p. 61 e sgg); <b>diritto a copiare</b>, diffuso, tollerato, giustificato, quasi legittimato; tanto durante l'anno come agli esami (<i>le vie della socializzazione sono infinite</i>) (p.77 e sgg.); comportamenti rubricabili come cronica <b>selvatichezza</b>; e corrispondente rassegnazione di adulti disarmati da una normativa cieca (“I comportamenti scorretti degli studenti si situano in un continuum di gravità molto ampio. A un estremo ci sono gli episodi gravissimi (…), all'altro quella che possiamo chiamare micro-indisciplina”, p.98); <b>dilagare </b>furbo di alunni certificati <b>DSA</b> (disturbi specifici dell'apprendimento), e successivo <b>tsunami</b> – furbissimo – di brevettati <b>BES </b>(bisogni educativi speciali); un palese insulto alla verità dei fatti, con connesso, pauroso aumento dei carichi burocratici (“Se per i disturbi specifici dell'apprendimento (...) si è verificata una vera e propria epidemia di diagnosi, fu subito chiaro quale alluvione di casi ci si doveva aspettare con la normativa sui BES”; pp. 118-119). Considerata l'elasticità del concetto, chiunque può sperare di mutarsi in <i>Bes</i>, cioè aspirare a servirsi di quella triste magia che trasforma in “diversamente sufficiente”, </span></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">un profitto insufficiente</span><span style="font-family: arial;"> .</span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: medium;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: medium;">La retorica del “purché sia nuovo”, intanto, macina, impasta e cuoce senza posa altre trovate: tutor, orientatori, potenziamenti digitali; persino <i>educazione alle relazioni</i> (tornassimo a far leggere i Promessi Sposi…).</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><i>L'ospedale accoglie tutti ma non cura nessuno</i>. Come dice l'autore, a farne le spese sono soprattutto i meno socialmente <i>supportati</i> (“Nel corso degli anni in molti hanno avvertito che una scuola del genere – che vorrebbe essere inclusiva – danneggia proprio i ragazzi delle famiglie più svantaggiate culturalmente, il cui unico ascensore sociale è rappresentato da un'istruzione approfondita”; p.12).</span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><i>L'ospedale accoglie ma non cura</i>. Viene in mente il Priore di Barbiana, ma anche quel notissimo passo del <i>Gorgia </i>di Platone, dove una parte della Politica (l'attività giudiziaria) è paragonata all'arte del medico, e la Retorica all'arte del cuoco. Da buoni 25 anni campiamo di gastronomia.</span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><i> gm</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: medium;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: medium;"> </span></div><p></p>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-49589144127163869642023-11-14T10:25:00.000-08:002023-11-14T10:28:25.542-08:00Un estratto da "La comunità dei viventi", di Idolo Hoxhvogli<p> </p><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 13pt;">La libertà
come errore di sistema<o:p></o:p></span></i></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 13pt;">Un estratto
da</span></i><span style="font-size: 13pt;"> La comunità dei viventi<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> di Idolo Hoxhvogli<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><o:p></o:p></b></i></span></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;"><o:p></o:p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0XMz0MX3Ad4UExbUMvZPTSn1NM7n-4bSw9HCZKe74UzCIwLKrvTxHwJwXMw2BYDoYYSsOz4d-2-UZMS3pUrU4LCPK55AaQ5CwNby_sxds2hxwJqTc3pOSywomTNDMMiX2ZZkA7VPN7F4r_grEK5vPlAswWCQ6LKG1tkU9ASO9qmEwnH_KSr4nEuQIJm8/s2358/Copertina%20La%20comunit%C3%A0%20dei%20viventi%20-%20A.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2358" data-original-width="1411" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0XMz0MX3Ad4UExbUMvZPTSn1NM7n-4bSw9HCZKe74UzCIwLKrvTxHwJwXMw2BYDoYYSsOz4d-2-UZMS3pUrU4LCPK55AaQ5CwNby_sxds2hxwJqTc3pOSywomTNDMMiX2ZZkA7VPN7F4r_grEK5vPlAswWCQ6LKG1tkU9ASO9qmEwnH_KSr4nEuQIJm8/w382-h640/Copertina%20La%20comunit%C3%A0%20dei%20viventi%20-%20A.jpg" width="382" /></a></div><br /> <p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">La società della separazione tra
uomo, mistero e natura è caratterizzata da una perfida uniformità, insegna
l’arte di fare a meno dell’arte. Alla degradazione delle pratiche ideali
corrisponde un’estensione del campo prescrittivo. È inutile adoperarsi per un
mondo migliore, se il mondo migliore è somministrato dagli altri. Basta
credere, al limite adeguarsi. Le buone maniere trasmettono il valore della
rinuncia ai valori. L’acquisizione dei diritti nasconde la pianificazione del
desiderio, produce l’incapacità di riconoscere l’occasione della rivolta. La
pedagogia, con la scusa di educare alla prudenza, imbottisce l’infanzia di
paure. Il fondamento del viaggio sta nello sguardo itinerante. Fermarsi per
chiedere permesso significa delegare al potere il giudizio, divenire gente
vigliacca. La vita permalosa movimenta il nulla: offesa dalla verità, la
aggiorna a immagine e somiglianza dell’ultimo partito. Riprogrammare
l’esistente e correggere l’umanità sono gli scopi della tecnologia: sviluppa
protesi che rendono invalidi i viventi, organizza una festa, dittatura a
sorpresa in cui le cose esprimono tutte la stessa tesi.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;">*</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">La morfologia, in quanto discorso
sulle forme, è il principio di una filosofia dello spazio urbano. I profili
architettonici, l’intreccio delle vie, le configurazioni fenomeniche degli
edifici sono figure della possibilità. La costruzione è preceduta dal
desiderio, strutturato in discorsi che parlano il parlante prima che il
parlante parli. La città, nella sua concretezza, abita un ordine simbolico
precedente allo sviluppo fenotipico. Per la filosofia dell’urbanistica sono
imprescindibili l’archeologia delle convinzioni, la narratologia, l’ingegneria
delle identità migranti.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">La città è di Dio o dell’uomo,
spiega Agostino d’Ippona nel <i style="mso-bidi-font-style: normal;">De civitate
Dei</i>. Oggi quella dell’uomo è diventata la città della macchina. Ricoperta
da materiali morti, nulla sopravvive al ritmo insostenibile che impone. La
grazia è assente, metabolizzata dalla quantità insieme all’individuo in
difetto. Chiedere diritti alla tecnocrazia significa ignorare che la macchina
conosce solo compiti e funzioni. Nessuna città dell’uomo è capace di rovesciare
la città della macchina, ne ha la forza ciò che, dentro l’uomo, abita la città
di Dio, il dritto e il rovescio della stoffa edenica: speranza e nostalgia.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;">*</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">L’ossessione per i vecchi fascismi,
morti e sepolti, è il sintomo di una cecità isterica, evitamento per cui la
visione dei totalitarismi aggiornati è elusa a favore di innocui fantasmi da
camera. Il soggetto, reso inabile a colpi di miti consigli, si contenta del suo
essere solidale, fluido, socialmente utile, a dispetto di ogni ontologia della
libertà o delle contestazioni innaffiate di sangue dei bei tempi andati:
rispettare le regole è diventato più importante che fare la cosa giusta. Il
sostanzialismo, l’idea di una sostanza che permane malgrado le variazioni
esteriori, è screditato. Il tempo passa, e passa anche l’uomo, senza un
nocciolo somigliante a Dio o a sé stesso. Solo un uomo con in sé la sostanza
insopprimibile della libertà vede una dittatura. I regimi riscrivono l’uomo
affinché sia a disposizione del potere. Per vedere il dataismo bisogna essere
uomini. Se gli uomini sono ridotti a un fascio di dati, una soggettività
sintetica all’inseguimento della meta informatica del mondo, la libertà diviene
un errore di sistema.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><o:p> </o:p></b></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">*<o:p></o:p></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">Gli uomini chiedono alla Madonna
di abortire Dio. In caso contrario faranno a pezzi il bambino. Lei si rifiuta.
Mani ostili attraversano impazienti la cervice e rovistano nell’utero
stracciando il feto. Dio è lì, spappolato con la placenta sul pavimento. Le
schiere celesti si sfaldano.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">Rimangono la macchina e il
governo.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">La macchina, per l’uomo, è un
fare a meno di fare. L’uomo, per la macchina, è qualcosa di cui fare a meno. Lo
scopo del governo è mettere in sicurezza gli uomini: per tenerli al sicuro li
imprigiona, poi fa sì che muoiano, perché da morti non possono più morire
lentamente come facevano ogni giorno. Nulla di pericoloso accade a uomini
esonerati dalla vita.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">Nella città della macchina le operazioni
sono compiute sotto l’imperativo governativo della logica securitaria: decreta,
per il bene dell’uomo, la sua fine. Non importa che l’uomo sia vivo. Importa
che sia al sicuro, morto. Chi prima muore, più a lungo è salvo.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;">*</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;">Nella città della macchina si
parla la lingua della macchina. La lingua degli uomini, inferiore e volgare, è
vietata nelle scuole. I bambini, con la bocca cucita perché la macchina
respinge gli schiamazzi, imparano a leggere il codice, riprodurre un’intelligenza
artificiale, così la macchina può comprenderli e rispondere, dare ordini. La
formazione colma la distanza tra lingua della vita e lingua della macchina,
schiacciando l’espressione della prima sulla computazione della seconda, una
domesticazione informatica del vivente. L’infanzia, posta di fronte
all’algoritmo, prova un imbarazzo di carne per la propria inadeguatezza: sul
lungo periodo diventa antiquata e destinata alla discarica, insieme ai
disobbedienti e alle parole dei poeti. Le ombre proiettate dai sordomuti cadono
dai muri in silenzio. Ciò che si deve gridare, qui si deve tacere.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><o:p></o:p></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;">*</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><a name="_GoBack"></a>Il codice è
una versione secolarizzata della redenzione. Gli uomini, smarrito il senso di
realtà, si difendono dalla realtà medesima con una stringa di numeri, un
tentativo di paradiso in terra, porte aperte allo Stato poliziesco. Stretto in
un recinto di dati, l’uomo è sfigurato. Una pioggia di bit, incessante e
poderosa, ne cancella i lineamenti. Nei server soffia una bufera.
L’architettura dei calcolatori esprime una disabitudine ai viventi. La carne è
impegnata in sequenze di azioni che sono strutture di controllo. L’anima
domanda se l’individuo digitalizzato appartenga alla sua specie o sia un essere
abietto. Relazionarsi all’uomo come dato significa smettere di riconoscere
l’altro quale uomo, dare le spalle a Cristo e rinunciare al viaggio. Gli
algoritmi fissano le traiettorie, si sono impadroniti degli spostamenti.
L’avventura nel metaverso manca di scarti spaziotemporali e ontologici, luoghi
santi. È il non-viaggio del corpo connesso, un intrattenimento sedentario,
l’esclusione del viaggio con Dio da parte della geografia computazionale.</p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><o:p> </o:p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;">Idolo
Hoxhvogli, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La comunità dei viventi</i>,
Clinamen, Firenze 2023.</p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;"><o:p> </o:p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; text-align: center;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Idolo Hoxhvogli è nato a Tirana nel 1984. Vive
a Porto San Giorgio, nelle Marche. Ha studiato filosofia alla Cattolica di
Milano e all’Università di Macerata. I suoi lavori sono presenti in numerose
riviste, tra cui «Gradiva» e «Cuadernos de Filología Italiana». Ha scritto due
libri: </i>Introduzione al mondo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">e </i>La
comunità dei viventi<i style="mso-bidi-font-style: normal;">.<o:p></o:p></i></p>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-52214550310152551052023-08-26T14:22:00.004-07:002023-08-26T16:04:19.874-07:00Fatali inconvenienti del non sapere la storia<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjEqrut6j4r5igeSXUWnp_2Cwosn4uDJc3bnfJjnhUA5zdohhNUfmZFNOG2MIVPiwl6stc0Wgct2gShIHwa_Lw-MJClxv-fkRrUrWd4jz5hVQJvRGGktKPm7HQm9hr5dYkiRK00PPCpvaqvOLH83o58xdWvnwVlUEM_5GbTZAJ4O8ijykaf3eYI6lqSBY8" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img data-original-height="508" data-original-width="740" height="440" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjEqrut6j4r5igeSXUWnp_2Cwosn4uDJc3bnfJjnhUA5zdohhNUfmZFNOG2MIVPiwl6stc0Wgct2gShIHwa_Lw-MJClxv-fkRrUrWd4jz5hVQJvRGGktKPm7HQm9hr5dYkiRK00PPCpvaqvOLH83o58xdWvnwVlUEM_5GbTZAJ4O8ijykaf3eYI6lqSBY8=w640-h440" width="640" /></a></div><p></p><br /><span style="font-size: large;">A fine settembre 1502, quattro signorotti dell'Italia centrale al servizio di Cesare Borgia, avendo visto il loro padrone – che già s'era preso la Romagna – prendersi anche Urbino e Camerino e fare calcoli su Bologna, temendo di fare la stessa fine, si trovarono con altri scontenti alla <i>Magione</i>, sul lago Trasimeno; e lì ordirono una congiura per abbatterlo. </span><div><span style="font-size: large;">Dopo i primi successi militari, sorsero però ripensamenti e il gruppo dei congiurati si sbandò. Subito, il Capitano della Chiesa tese loro la mano, proponendo di tornare amici e confermandogli terre e stipendi. Un incontro fu fissato a Senigallia, per il 31 dicembre; con ricco cenone - immaginiamo - a suggello della ritrovata armonia. <br /><br />Oliverotto, Vitellozzo, Francesco e Paolo Orsini si presentarono all'appuntamento e vennero affabilmente accolti. Dopo una decina di minuti di sorrisi e convenevoli, improvvisamente il Duca si allontanò e i quattro furono circondati e legati. Oliverotto e Vitellozzo furono <i>garrotati </i>quella notte stessa (brutto capodanno), spalle contro spalle, con un unico laccio e torcolo. Per i due Orsini, ragioni politiche suggerirono di ritardare lo strangolamento di tre settimane. <br /><br />Il notissimo – e <i>mitologizzato </i>– segretario fiorentino (Ser Nicolò), in missione sul posto, fece - abbagliato dall'energia - scrupoloso racconto al suo governo della bravura di quel <i>Principe</i>. <br />Lo stato-opera d'arte di Cesare Borgia si sfasciò sette mesi dopo e lui, terminati vagabondaggi e carcerazioni, andò a morire ammazzato in Navarra, circa 4 anni dopo, mercenario al servizio di un suo cognato. <br /><br /></span></div><div><span style="font-size: large;">Dai Babilonesi ad oggi, la storia è piena di parole date e non mantenute, di vassalli ribelli “perdonati”; di tiranni trionfanti e, all'apparenza, duraturi. Si tratta solo di avere l'occasione - e la pazienza - di studiarla.</span></div><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><span style="font-size: medium;"><i> gm</i><br /></span><br /><br /> <br /><br /> <br /><br /></div>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-23018409068842653092023-03-16T12:18:00.001-07:002023-03-16T12:18:54.407-07:00Tu chiamali se vuoi... di istruzione (30/1/2012)<span style="font-family: arial;"><br /><div class="separator" style="clear: both; font-size: large; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjeaE5pmG1T2qwIfJBFSa79mhHjlpfa0RXqhEVX40-CA4XNTlmm5otEq5cVTWLVHRnb8GymnG3dBxxSHHCA0SZCTyhzXkDSkZsMMihqe6qeSl3p16HO5Wwascs20xoVp6GBYpvFGjDUzQQ0OpwaWFvy2NVHw5AYOM_1PQot7rjCpM51ogI5C5sGN0y6" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjeaE5pmG1T2qwIfJBFSa79mhHjlpfa0RXqhEVX40-CA4XNTlmm5otEq5cVTWLVHRnb8GymnG3dBxxSHHCA0SZCTyhzXkDSkZsMMihqe6qeSl3p16HO5Wwascs20xoVp6GBYpvFGjDUzQQ0OpwaWFvy2NVHw5AYOM_1PQot7rjCpM51ogI5C5sGN0y6=w400-h225" width="400" /></a></div><br /><br /><span style="font-size: medium;">Qualche anno fa, a metà Dicembre, una 5a Liceo scomparve dalla mia vista. Gita a Praga. Viaggio d'istruzione. Servirà pure a qualcosa la scuola. Bisogna avere 18 anni e buona salute, per capire sino in fondo cosa l'immaginazione associ ad un viaggio con le compagne di classe. Siccome erano canaglieschi e simpatici, e ci parlavo, al rientro, nei pochi giorni che mancavano a Natale, li intervistai. Ecco una sintesi di quell'umana vicenda:I professori? Li vedevamo solo al mattino e per la cena, in albergo; ci credo...era pagata. Pomeriggio? Per conto nostro. Sera? Per conto nostro. I professori? Per conto loro. Verso le 23 andavamo in discoteca...ce ne sono un sacco a Praga...Sì, sì, ogni notte. Rientro? Verso le 5...a volte le 6. L'indomani ci alzavamo un po' stressati...Le visite guidate? Mah, non è che fosse sempre un obbligo...una volta c'era da scegliere: o quella "palla" del Cimitero Ebraico, o un giro libero per la città, con la guida. La guida ci ha mollato presto, e allora siamo andati al Museo del sesso. Sapesse professore! Un filmino porno...del 1926...(risate). Poi ci sono i Pub, vedesse...la birra è buona e costa poco...Si è ubriacato persino XY (risate)...era talmente "fatto" che, mentre ballava, non faceva altro che mettere le mani sul sedere delle ragazze. Erano locali "speciali"...al primo piano si beveva e si ballava; al secondo si vedeva lo streep (delle bambole professore!). Indovini al terzo...(risate). Bastavano 2000 corone, cioè circa 40 euro...no, no, non ci è andato nessuno, sta scherzando!?. Per strada ci seguivano dei negri...in continuazione, un tormento...Cosa volevano? Offrivano sesso, donne...prestazioni...prezzi modici (risate). Il viaggio?...bah, tutto compreso 360 euri...Si, abbiamo visto piazza San Venceslao dove quel tizio si è dato fuoco...e il Palazzo Reale...bello...Una sera, prima della discoteca, siamo usciti un po' coi professori: siamo entrati in un locale dove facevano la lap dance...Don XY se ne è uscito di corsa...era scandalizzato, sembrava avesse visto il diavolo! (risate)...Non ho mai fatto un viaggio di istruzione e penso proprio che continuerò a privarmene. Al loro, ripetuto, "Ci porta in gita?", ho sempre risposto, "Mi spiace ragazzi, voglio morire illibato". Uomo di corte vedute. In compenso ho, sul tema, un discreto repertorio di aneddoti: si va dalla bancarella di souvenirs depredata ad Assisi da gentili cavallette, al water divelto da baldi giovani e poi lanciato nel cortile di un alberghetto in provincia di Cagliari; dall'ovazione sul pullman, alla notizia che il Palazzo dei Papi, ad Avignone, è chiuso per lavori ("ce la siamo scampata bella!"), al sacerdote accompagnatore che, a Barcellona, rientrando in Hotel, trova in un corridoio un'alunna abbracciata ad una compagna; per un attimo teme sia lesbismo; e subito si calma scoprendo che la compagna è "solo" un cameriere dalla lunga chioma. Lussuria sì; ma secondo natura. C'è, poi, la storia di un disperato Prof che, a notte fonda, per ricacciare l'orda nelle stanze, deve menare colpi di asciugamano bagnato. E l'elenco potrebbe continuare. Naturalmente, qualche serio collega potrebbe qui adontarsi, e osservare che non sta bene generalizzare; e che lui, di viaggi, ne ha fatti e visto fare di ben diversi. E io non mancherò di credergli sulla parola; solo che, come sempre, è tutta questione di denominatore. Seri? Quanti sul totale di quelli effettuati? Ecco un bel programma di ricerca per i ministeriali indagatori della "qualità". E per i Teoreti che ogni quattro anni provano a ristuccare il mondo; e ai quali non passa mai per la testa l'unica cosa importante da capire: e cioè che nella Scuola Italiana, tra viaggi siffatti e mille consimili scempiaggini, praticamente non si studia più. Verità luminosamente presente, invece, a quella accompagnatrice che, in piena sala professori, con tono deliziosamente svagato, ebbe pure il coraggio di dire, "Mi sento già in vacanza...sarà per il viaggio di istruzione...".</span><br /><div style="font-size: large; text-align: center;"> </div><div style="font-size: large; text-align: center;"> </div><div style="text-align: center;"><span style="font-size: medium;"> </span><i> Gigi Monello</i></div></span><br style="background-color: #333333; color: #cccccc; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.2px;" />gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-75997826849932851142023-03-01T12:23:00.001-08:002023-03-01T12:27:36.831-08:00Caso Cospito: un confronto facile, facile<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwDX1QU2dLDzciNOYILOqHGvcb_hjL7nFOfzUF6zGkP_MudlmfE1bi1deQNS5VsxEeE0-d5v369PjsV69MiR1LzYWFRMNHYQql7YKMz9OgJVkMwJvbGDIDepZt-pkwlOkf-qA_KGJv71ykmG-N-6Z8rKIwFgk1QvHcBEEGCUZAzYetuo1ELGcbkSY6/s620/carcere-2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="620" height="413" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwDX1QU2dLDzciNOYILOqHGvcb_hjL7nFOfzUF6zGkP_MudlmfE1bi1deQNS5VsxEeE0-d5v369PjsV69MiR1LzYWFRMNHYQql7YKMz9OgJVkMwJvbGDIDepZt-pkwlOkf-qA_KGJv71ykmG-N-6Z8rKIwFgk1QvHcBEEGCUZAzYetuo1ELGcbkSY6/w640-h413/carcere-2.jpg" width="640" /></a></div><br /> <p></p><span style="font-size: large;">Procurarsi gli attrezzi per la bisogna non fu cosa difficile: due pentole, un tubo di ferro e un bloccasterzo. La coppia di cinquantenni benestanti fu tramortita di sera, al rientro a casa, e poi finita con ripetuti colpi sulla testa. Non fu cosa veloce: quasi un’ora di agonia. Era il 1991; i responsabili furono trovati in poco tempo: quattro ragazzi della provincia veronese; uno di loro, il più grande (20 anni), era il figlio dei martirizzati. Un dilettante: la simulazione del furto apparve subito goffa, e lui stranamente freddo. Avevano una colpa, i suoi genitori; imperdonabile: sarebbero verosimilmente campati ancora a lungo; impossibile aspettare tanto per ereditare. Il figlio - l'ideatore - prese trent’anni. Ne fece 22 e, nel 2013, uscì. Cinquantenne, oggi vive tranquillo, lavora, si diverte il giusto (supponiamo); forse frequenta ancora discoteche. Ha detto di essersi pentito. Può essere. Tuttavia riesce difficile giudicarlo una “bella persona”. <br /><br />Veniamo ad anni più vicini e consideriamo un secondo “dilettante” del crimine, quasi coetaneo del primo. Storia assai diversa: politicamente imbevuto di ideologia anarco-insurrezionalista, si è da tempo convinto che, <i>per educare le masse</i>, occorra colpire i simboli dello Stato; nemici a caso; non importa chi siano; bersagli a prescindere; basta che rappresentino il male. Nel 2006 piazza due bombe davanti alla caserma dei Carabinieri di Fossano (Cuneo) e alla contigua Scuola Allievi. Gli ordigni, programmati per esplodere a 25’ l’uno dall’altro (vecchio trucco), lo fanno; ma esperienza dei “destinatari” e fortuna, vogliono che nessuno ne riporti un graffio. Tempi mal calcolati? Forse. Nel 2012 dopo aver gambizzato a Genova un dirigente Ansaldo, viene preso e da allora sta in carcere. Per coerenza etico-politica, non si è mai pentito. Anche in lui non riesce facile vedere una “bella persona”. Con una differenza: le intenzioni del primo soggetto sono transitate nel mondo dei fatti; quelle del secondo, no. Chi lo difende, dice, “Non ha mai ammazzato nessuno”. Meglio sarebbe dire, “Non gli è mai riuscito…”. Ma qualunque cosa si voglia pensare, un fatto resta netto e solido: non ha morti ammazzati di cui rispondere. <br /><br />Confrontiamo i diversi destini: al primo, 22 anni di galera; al secondo ergastolo ostativo (41 bis); una <i>quasi mort</i>e. La Giustizia penale ha da essere retributiva, cioè aritmetica, cioè proporzionale. Se qualcuno ci spiegasse l’arcano.</span><div><span style="font-size: large;"><br /></span></div><div><span><span style="font-size: large;"> </span><span style="font-size: x-small;"> <b><span style="font-family: helvetica;">gigi monello</span></b></span></span></div>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-65740041690278765982022-12-28T15:15:00.014-08:002022-12-29T23:45:37.353-08:00Manzoni: l'impegno c'è ma non si vede<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCyGTrW85gD1GGR8hOSM0pvsNoCsjihCpNTGewVIokAQHHANaiKcWai2l1XdKaew4riSRY2_knSxkkHmRq5jzu6jzMvPchnpX1HhWhoOkNWPzagBIvEaTJ_SdowWzOmDkeAAzToqsFGV3Mf4VvzM0IyT1QCgrUPT_xkwC5oShEAB5gxbyS-Fj8pqXP/s233/images.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="216" data-original-width="233" height="593" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCyGTrW85gD1GGR8hOSM0pvsNoCsjihCpNTGewVIokAQHHANaiKcWai2l1XdKaew4riSRY2_knSxkkHmRq5jzu6jzMvPchnpX1HhWhoOkNWPzagBIvEaTJ_SdowWzOmDkeAAzToqsFGV3Mf4VvzM0IyT1QCgrUPT_xkwC5oShEAB5gxbyS-Fj8pqXP/w640-h593/images.jpg" width="640" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><span style="font-size: x-large;"><span><span style="font-family: times;"><span>Insondabili congiunture <i>internettiane </i>hanno rimesso in circolazione l'argomento con cui Umberto Galimberti auspicava, due anni fa, la scomparsa dei Promessi Sposi dalla nostra scuola: un'opera che, facendo della Provvidenza l'artefice della storia, manda ai giovani un messaggio di <i>disimpegno</i>. Da quanto si desume dalle <a href="https://www.youtube.com/watch?v=D0qq3GVyylo">immagini</a>, l'esternazione viene fatta proprio davanti ad un uditorio di giovani, che reagisce con un divertito mormorio. <br /><br />Questo, dei Promessi Sposi come romanzo della Provvidenza divina, è uno dei più triti luoghi comuni che periodicamente dalle aule scolastiche passa sui media. Perché nel romanzo – a leggerlo bene – la Provvidenza è tanto presente nelle parole, quanto assente (o <i>equivoca</i>) nei fatti. <br /><br />Prendiamo uno dei casi più famosi: il vecchio servitore in casa di Don Rodrigo, che per scrupolo di coscienza, informa Padre Cristoforo delle losche mene del suo padrone (P.S., cap. VI ).</span></span><span><span style="font-family: times;"> Dopo il burrascoso colloquio con il prepotente e l'incontro col servitore, così il frate rincuora i suoi protetti, </span><span style="font-family: times;"><i>Nondimeno, confidenza in Dio! … lascia fare a Lui, Renzo; e sappi… sappiate tutti ch'io ho già in mano un filo, per aiutarvi. Per ora non posso dire di più </i>(P.S., cap. VII). </span></span></span></span><div><span style="font-family: times;"><span><span style="font-size: x-large;">Nella realtà dei fatti quel <i>filo</i> si perde e la scelleratezza fallisce non perché una mano invisibile la fa fallire; ma perché il Caso vuole che due progetti umani (il rapimento di Lucia e il matrimonio a sorpresa) “si imbroglino” nel tempo: dimodoché mentre i bravi tentano di sorprendere Lucia in casa sua, la medesima è, a sua volta, impegnata a sorprendere Don Abbondio in casa propria. Quando, di ritorno a casa (con un palmo di naso), la comitiva dei <i>buoni </i>incontra Menico (<i>l'inviato </i>della Provvidenza), i giochi sono già belli che fatti, visto che gli sgherri, sentite le campane (che non suonano per loro), stanno prestamente tornando (con un palmo di naso) alla loro tana. <br /><br />E adesso chiediamoci: che sarebbe successo <i>senza</i> Menico? Possiamo immaginarlo: i nostri umili eroi sarebbero rientrati in casa (senza pericolo alcuno di brutti inciampi, visto che i bravi ne uscivano in direzione opposta); avrebbero realizzato che era l'unica del paese ad essere stata manomessa e ne avrebbero tratto la sola logica inferenza possibile: volevano prendere Lucia, che per pura combinazione (miracolo?) è salva. A questo punto, il buon Padre Cristoforo, non appena informato, avrebbe subito dato, pari pari, lo stesso ordine impartito a mezzo Menico; far subito scomparire la minacciata. Ruolo della <i>Provvidenza</i>? Praticamente zero. A meno che a qualcuno non venga voglia di obiettare che, senza diretto avviso, i nostri contadini sarebbero rimasti nel dubbio di un furto. La saggezza <i>probabilistica </i>dei villani di Lombardia, non doveva essere, nell'ottocento, inferiore alla nostra.<br /><br />Vediamo un'altra famosa prova di <i>Provvidenza </i>all'opera: la pessima fine di Don Rodrigo e del Griso; spacciati dalla Peste. Sfortunatamente, però, muoiono di peste anche l'ottimo padre Cristoforo e l'innocente Cecilia, la bambina che mani pietose di madre depongono sul carro dei monatti. Nei fatti, la Peste del Manzoni colpisce a casaccio: è spietatamente a-finalistica. <br /><br />Ma il <i>Provvidenzialista </i>non demorde e, a questo punto, tira fuori il suo asso dalla manica: la conversione dell'Innominato e la seguente salvezza di Lucia. Chi, se non Dio, ha toccato il cuore del malvagio? C'è però un dettaglio: a Manzoni servono la bellezza di circa 20 pagine di romanzo per descrivere quella crisi; e il lavorio su spinte, controspinte e gradazioni nella psicologia del personaggio, è talmente preciso, penetrante, <i>positivista</i>, da lasciare nel sospetto che il noto furfante al cubo la conversione se la possa anche essere faticata da solo (P.S., capp. XX-XXI). Succede, qui, qualcosa di analogo a quanto accade con i discorsi di certi biologi impegnati a conciliare evoluzionismo ed esistenza di Dio: il collo della giraffa africana o il becco di un fringuello sudamericano? Stavano da sempre nella mente di Dio. Si capisce. Ma, per arrivarci, l'Onnipotente ha lasciato che agissero cause puramente naturali (la selezione); poteva mica occuparsi di ogni minimo dettaglio. <br /><br />Cancellare i Promessi Sposi dalle scuole? La penso esattamente all'incontrario: quel libro ha meriti educativi indubbi; e sono meriti <i>laici</i>. E se – per dirne un'altra – frugo nella mia memoria, non trovo una esperienza formativa più capace di far provare ripugnanza verso i mascalzoni, delle pagine in cui si descrive l'impasto di frustrazione e prepotenza di cui è fatto Don Rodrigo. Togliere i Promessi Sposi dalle mani degli adolescenti? Sbagliatissimo. Che lo leggano; tutto e bene (c'è pure tanto <i>italiano </i>e tanta buona <i>logica </i>da imparare). Magari passando, dopo, a Kerouac. </span><br /></span><br /><span style="font-size: medium;"><br /></span></span></div><div><span style="font-family: times;"><span style="font-size: medium;"><b>Gigi Monello</b></span><br /><br /> <br /><br /><br /> <br /><br /><br /> <br /><br /><br /> <br /><br /><br /> <br /><br /> <br /><br /><br /> <br /><br /><br /> <br /></span><br /></div>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-63730478633892840212022-06-21T12:20:00.002-07:002022-08-26T00:51:13.311-07:00Ricordi dall'Antiscuola. Autobiografia di un Prof.<p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7Og3pgQtRFF7_Nru_tvNfJuB5SYnaq6Ds-63cxndoWLtMyZySE2F4Wi4xuoOyte0n-v39917vXR5Ef5IeJKyLZboQfwPYyZp1l_QqFvpT4TgGUnJv-zuipjfbeBdNkGh9b26-FHeLM-jESr2iZ-Rsxl75MB7ZQRSRoVW6tYImjVk4ilJdMsJC10BL/s670/scuola-2-670x446.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="446" data-original-width="670" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7Og3pgQtRFF7_Nru_tvNfJuB5SYnaq6Ds-63cxndoWLtMyZySE2F4Wi4xuoOyte0n-v39917vXR5Ef5IeJKyLZboQfwPYyZp1l_QqFvpT4TgGUnJv-zuipjfbeBdNkGh9b26-FHeLM-jESr2iZ-Rsxl75MB7ZQRSRoVW6tYImjVk4ilJdMsJC10BL/w400-h266/scuola-2-670x446.jpg" width="400" /></a></div><p align="justify" style="font-weight: normal; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<span style="font-size: medium;">Per parlarvi del nuovo libro sulla scuola (il terzo) di Paolo Mazzocchini, comincerò dalle maniglie; meglio, dall'uso moderno delle maniglie affermatosi nei fabbricati scolastici italiani. Il dettaglio non poteva sfuggirmi: sono un esperto del ramo. Nessun simbolismo; qui si parla di maniglie fisiche; quelle per aprire. Il prof. Mazzocchini è in classe, momento speciale, ultimo giorno di scuola, ultimo per davvero, si va in pensione, addio alle armi. Sta – con un certo qual indefinibile turbamento – facendo lezione, tentando, cioè, per l'ennesima e ultima volta la magia nera del trasportare gli smartphonati nell'Iperuranio, quando, senza antefatto acustico alcuno, ecco materializzarsi <i>Lei</i>, la bidella, con in mano il mattinale, i consigli per gli acquisti: <i>Vuole per caso, qualcuno dei virgulti, aderire al progetto Studente-Atleta modello?</i> (“Tutto svanì di colpo, compresa la mia presunta nostalgia per il mestiere che stavo, di lì a qualche minuto, per lasciare per sempre. Ecco: può sembrare che esageri, ma in un episodio del genere, così apparentemente banale, è compreso tutto il senso del mio odi et amo verso la scuola”; p.129). L'ho detto: sono uno specialista in materia; l'ho visto fare le mille volte; parlo delle maniglie disinvoltamente abbassate; l'ho visto fare da tutti: bidelli, vice-presidi, colleghi, raramente alunni; non l'ho mai digerito. I primi a stupirsi, poi, erano proprio loro, gli <i>utenti</i>. Ho reagito subito, a muso duro; ho rimandato a dopo il chiarimento (esternando però l'intenzione di farlo); ho elaborato strategie ironiche per castigare a caldo, senza sbottare. Mi sono logorato il fegato. Non l'ho mai accettato. Villania a parte, il danno è doppio: tensione comunicativa rotta e pressoché irrecuperabile (“Interrompere una lezione significa disperdere la concentrazione e spezzare la tensione. Violentare un'emozione. Solo un insegnante vero sa quanto è delicato questo equilibrio psicologico e ambientale”; p.129); tempo buttato: ho visto entrarmi in aula – magari rispettosamente – bidelli/e recanti in dono nientedimeno che 8 pagine fitte fitte più modulistica, concernenti questo o quel progetto. Demenzialità pura. <br /><br />Tempo buttato, appunto; centralissima questione; e le maniglie abbassate sono solo piccola parte di più vasto apparato. Difficile, per chi non c'è stato dentro, capire quale paurosa erosione di tempo produca, a spese della didattica, ciò che Mazzocchini chiama l'“Antiscuola” (“un mostro dalle cento teste...un pullulare inarrestabile di infiorescenze parassite”, p. 77). Nell'emporio non manca nulla: gite, concerti, cinema, giornate promozionali, conferenze, visite guidate, open day, “olimpiadi”, orientamenti “in uscita”, assemblee, alternanze, progetti. <br /><br />Quando il nostro Professore vi entra, nei primi anni '80, la Scuola, nell' insieme, mostra ancora di reggere (“per tutti gli anni Ottanta fino ai primi anni Novanta…vissi il periodo tutto sommato più felice della mia carriera. La scuola non era più quella sopravvissuta sino al '68… ma nemmeno ancora quel giardino d'infanzia iper-protetto che sarebbe di lì a poco diventata”, p. 29). Il primo smottamento nel 1995, con l'abolizione degli esami di riparazione; da quel momento la macchina della <i>perversione </i>comincia a lavorare sodo e a trasformargli la vita in resistenza. Mazzocchini si racconta senza veli: la famiglia operaia, gli studi in provincia, l'incrocio fatale, al ginnasio, con un <i>fuoriclasse</i> della didattica; il tentativo di carriera universitaria (lettere classiche), l'amara disillusione, il fallimento senza demerito; quindi l'ingresso in un Liceo; il suo Liceo (amato ed odiato); e il progressivo confrontarsi con l'Antiscuola. <br /><br />La “bestia malefica” lavora su più fronti: rapina tempo; sfianca a mezzo extra cartaceo-burocratici; impone modernismi modaioli. Fra gli altri, quello della interdisciplinarità prêt-à-porter, che celebra i suoi fasti con le cosiddette tesine d'esame. Immancabile, arriva vissuto e bozzetto: un anno imprecisato, a circa due terzi della carriera, il nostro memorialista si trova commissario esterno presso il liceo di una cittadina della sua regione. Siamo entrati nell'epoca delle Commissioni miste: 3 interni, 3 esterni più presidente esterno. Scatta la consueta operazione euristico-imbonitoria (troppe ne vedemmo): <i>comfort</i>, <i>paraculismus</i> <i>and investigations</i>; fioccano rifocillamenti (bibite, pizzette e pasticcini), sorrisi, cortesie, buonumore (untuosetto) e spirito collaborativo; il tutto interrotto da qualche lampo di sospettosità congiunto a domandina esplorativa (i primi giorni - prima delle <i>magagne </i>- è sempre così). Tranne il nostro trasfertista, tutti i Commissari sono donne. Tra le interne spiccano per attitudine alla maternità-chioccia, la <i>superingioiellata</i> di Latino e la <i>boccolata </i>di Inglese (“una matrona imponente sulla sessantina, capigliatura bionda a boccoli grandi e occhiali dorati con montatura vistosa e raffinata”); quest'ultima, in particolare, appare la più impegnata a magnificare le qualità dei candidati; nonché la più intrigante. Il commissario abbozza e inizia ad avere sentore di guasto. Cosa che trova conferma nella correzione delle prove di latino, dove la maggioranza ha preso la cantonata (“tre quarti della classe toppò…la versione di Seneca...Una disfatta. La bolla era scoppiata. Il settanta per cento di quelle prove non raggiungeva la sufficienza”, p. 110). Si sparge il panico. Si corre ai ripari. Mentre calano bibite e pizzette, salgono sino all'inverosimile, e quasi per tutti, i voti nelle terze prove di inglese. Il clima si fa più freddo (un classico). Si arriva alla vigilia degli orali: il flusso di bibite e pizzette ritorna normale; e compare anche una fagottata colorata: sono le tesine, tutte allestite secondo l'aureo canone della interdisciplinarità (“fascicoletti multicolori rilegati per lo più con grossi anelli, e con copertine vistose dai titoli sgargianti: Amore e morte, Astrologia e astronomia, Rivoluzione e rivoluzioni”, p. 113.). Ogni docente pesca qualcosa dal mucchio: il prof di latino nota un titolo che allude a un presunto mistero della sepoltura di un noto personaggio storico: è tutta in inglese, tranne una breve sintesi iniziale; la prende, la legge; impeccabile; troppo; bastano un paio di frasi su Google ed ecco l'originale: è un lavoro pubblicato in un sito accademico di saggistica internazionale. Il Commissario stampa il pdf, mette in borsa e studiatamente rinvia. Iniziano gli orali e viene il turno dell'autrice di <i>The Quest</i>, che la docente di inglese non si è peritata di definire “studentessa originalissima e culturalmente curiosa come poche altre maturande”; tradotto: <i>naturalmente predestinata al 100</i>. Gli orali riescono scolasticamente dignitosi, ma della annunciata originalità, nessuna traccia. Si passa alla valutazione: il destino della candidata (per inciso, figlia di una docente della scuola e di noto esponente politico locale) pare stia per compiersi, quando il <i>guastafeste </i>mette mano alla borsa e ne cava lo stampato. Gelo in sala: la boccolata sbianca, gli altri ammutoliscono, la Presidente riconosce che, di fronte all'evidenza del plagio, assegnare il massimo è impossibile; si conviene per un voto più basso. L'originalissima rimarrà sotto il 100. <br /><br />Frodi a parte, qui come altrove (p. 54), l'autore ci esterna tutto il suo cordiale disgusto per tesine e verbo della Interdisciplinarità. Cosa che potrebbe farlo apparire seguace di un chiuso disciplinarismo. Non credo sia così. Ci sono almeno tre punti di questo sugoso libretto che “dicono” il contrario; e tre parole-chiave: “contagio” (p. 22), “avventure” (p. 23), “detective” (p. 24). Qualunque disciplina, anche quelle scientifiche – soprattutto se chi le insegna ne conosce la storia – può far scoccare un <i>contagio avventuroso</i>, consistente proprio nello scoprirne la complessità, cioè tutti gli infiniti, potenziali intrecci con tutte le altre. C'è una interdisciplinarità prêt-à-porter; e una lenta e profonda (“un insegnante che abbia la stoffa del ricercatore ti trasmette inevitabilmente il prezioso strumento del metodo a prescindere e al di là della materia che insegna”, p. 24). È qui la scuola vera: un adulto/detective meravigliato del mondo, che comunichi meraviglia per il mondo; un <i>contatto </i>che può salvare dalla volgarità di una vita senza mistero (che è la migliore anticamera della sordità morale). <br /><br />Altri felici schizzi nelle pagine di questi Ricordi dall'Antiscuola: dal Dirigente commercialista che definisce i docenti “mediatori promozionali” (p. 91), ai docenti <i>psico-socio</i>, maledettamente impegnati a piacere sul piano umano (p. 30); al vacuo rimbombo di sigle e formule, che paiono comandi discendenti da un'invisibile <i>Entità</i> totalitaria (p. 73). Un libro antidoto-terapia-catarsi, leggero e denso, dove la più acida delle stroncature si stempera sempre nella grazia dell'ironia; lettura consigliata ad euforici principianti come a veterani sull'orlo di una crisi di nervi. Sconsigliatissimo agli incalliti adepti del <i>buonoperchénuovo</i>. </span><br /><br /> <br /> <br />Paolo Mazzocchini, <i>The Dark Side of the School</i>, <br /> Nulla Die, 2022, p.155, euro 15. <br /><h1 class="western" style="font-weight: normal;">
<br />
</h1>
<h1 class="western" style="font-weight: normal;"><br />
<br />
</h1>
<p><br />
<br />
</p>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-22709634687016379462022-05-23T11:11:00.001-07:002022-05-23T11:14:57.976-07:00THE DARK SIDE OF THE SCHOOL<p><a href="https://paolomazzocchini.wordpress.com/2022/05/21/the-dark-side-of-the-school-la-mia-autobiografia-professionale/"></a></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibkd-oWC7Dz57aB74uVS9f_Oxp48nNXA_YQPRSHFIDDV99JqPAz8hHZi65jPrOZ_TwdnlzxGKk5Xn5xERyNQaV3jJBar2fXENuov_rp0-1f4264ccBq06c9ng8xywna9sWF7YRF21MTqM9fwldCmyjBRH9hoOR4S3BQkVzy08z0N3xogGEpH09qpB9/s437/sleeping-student.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="250" data-original-width="437" height="183" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibkd-oWC7Dz57aB74uVS9f_Oxp48nNXA_YQPRSHFIDDV99JqPAz8hHZi65jPrOZ_TwdnlzxGKk5Xn5xERyNQaV3jJBar2fXENuov_rp0-1f4264ccBq06c9ng8xywna9sWF7YRF21MTqM9fwldCmyjBRH9hoOR4S3BQkVzy08z0N3xogGEpH09qpB9/s320/sleeping-student.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-size: x-large;"><br /><br /></span><p></p><p><span style="font-size: x-large;">Dopo <i>La scuola del P(l)of</i>, un nuovo libro di Paolo Mazzocchini sul tragicomico tema della nostra Scuola pubblica (allo sbando anzichenò). </span></p><p><a href="https://paolomazzocchini.wordpress.com/2022/05/21/the-dark-side-of-the-school-la-mia-autobiografia-professionale/"> https://paolomazzocchini.wordpress.com/2022/05/21/the-dark-side-of-the-school-la-mia-autobiografia-professionale/</a></p>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-924761757077081912022-03-07T14:33:00.001-08:002022-03-07T15:04:09.700-08:00Priapo in salsa russa<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi7HH8iMqikpqKRdJ-ASeCp_jflxZOstQAslFzDgX8UDqHTcNG9VWnWSWOCea1OWiGhdJ1yAvYpbDMCesEVVzjmLZ6jy8Ca7TwlmCsU0JGWQ-4tA22Y2YVUqrciNZY2-teXZKBWJSLOlAljgXc-MWU44sjVp-WPex2zDfD-0uzVdkZ_usb-yWVQRXWo=s555" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="423" data-original-width="555" height="488" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi7HH8iMqikpqKRdJ-ASeCp_jflxZOstQAslFzDgX8UDqHTcNG9VWnWSWOCea1OWiGhdJ1yAvYpbDMCesEVVzjmLZ6jy8Ca7TwlmCsU0JGWQ-4tA22Y2YVUqrciNZY2-teXZKBWJSLOlAljgXc-MWU44sjVp-WPex2zDfD-0uzVdkZ_usb-yWVQRXWo=w640-h488" width="640" /></a></div><br /> <p></p><p align="left" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><b><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">L'energetico
infoiato belluino cerca l'avventura qualunque capace di elevarlo. Lo
scopo è “arrivare”. Il gioco riesce quando la congiuntura offra
le frustrazioni di una massa grigia di cui, come nessun altro (è
parto della stessa madre), sa indovinare le spinte. Non conosce Eros
(produttore di vera relazione); a muoverlo è Priapo, ossia un
erotismo centrato su se stesso:</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">
il pragma della banda e del capintesta è un pragma bassamente
erotico, un basso prurito ossia una libido di possesso, di comando,
di esibizione, di cibo, di femine, di vestiti, di denaro, di terre,
di comodità e di ozî, </span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">(Gadda,
</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">Eros
e Priapo</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">).
</span></span></span></span>
</b></p>
<p align="left" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><b><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">Uomo
di fatti e di mano, calcolatore, amorale, narciso interiormente roso,
manipolatore, combatte l'ansia di sapersi “a scadenza” usando gli
altri come </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">cose</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">
onde plasmare la sua vita “opera d'arte”. All'impresa associa
bravazzi, avventurieri, sbandati e profittatori di ogni risma. Nella
facciata, “idealista” (patria, suolo, tribù, onore; ma - se del
caso - rivoluzione, riscatto e liberazione di oppressi), nel </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">suo</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">
irride e sprezza cultura (eccezion fatta per il Machiavello),
argomenti, critica, analisi; mentre ammira forza, mascolinità e
tecnica. </span></span></span></span>
</b></p>
<p align="left" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><b><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">Con
l'andar del tempo, tutto riuscendogli a puntino (“dove tocca
suona”), l'uomo – a </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">suo
</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">modo
sensibile a </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">mistico</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">
ed </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">arcaico</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">
– si convince di un Destino, di un' Onto-storia che a mezzo lui
manovri, di una </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">scrittura</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">
nelle stelle: </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">Le
masse debbono rassegnarsi a sottomettersi (...). Ma questo desiderio
masochistico è riscontrabile anche nello stesso Hitler. Il potere
superiore, a cui egli si sottomette, è Dio, il Destino, la
Necessità, la Storia, la Natura. In realtà tutti questi termini
hanno pressapoco lo stesso significato per lui: quello di simboli di
un potere irresistibile (…) La sconfitta nella guerra del 1914-1918
è per lui «una meritata punizione da parte del giudizio eterno</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">».
</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">Le
nazioni che si mescolano con altre razze «peccano contro la volontà
dell'eterna Provvidenza» (…) La missione della Germania è
ordinata dal «Creatore dell'universo». «Il Cielo» è superiore
agli individui, perché fortunatamente si può ingannare questi
ultimi, ma «il cielo non può essere comperato»</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">
(Fromm, </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">Fuga
dalla libertà</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">).
Nelle latebre, a muovere i giochi resta sempre il</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">
basso pragma </span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">di
cui sopra, che dignitosamente convive - normale andirivieni dello
schizoide - con la superfetazione. </span></span></span></span>
</b></p>
<p align="left" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><b><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">Del
temerario bombardiere oggi su tutti i giornali, un vecchio compagno
dei tempi impiegatizi, ha scritto che, di lui lo colpiva “il
pragmatismo, il disincanto, la sua mente precisa, anaffettiva, quasi
matematica”. Dejà vu: </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">Sentivo
confusamente che nessuna commozione del cuore poteva agire su di lui.
Guarda una creatura umana come un fatto o come una cosa, ma non come
un simile. Non odia più di quanto ami. Per lui non esiste che se
stesso: il resto delle creature sono cifre. La forza della sua
volontà consiste nell'imperturbabile calcolo del suo egoismo </span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">(Madame
De Staёl, su Napoleone, in </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">Considerazioni
sulla Rivoluzione francese</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">).
</span></span></span></span>
</b></p>
<p align="left" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><b><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">All'egolatra
posseduto, </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">tiradritto-</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">tuttodunpezzo</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">,</span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">
ciò che non garba, a ben </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">vedere</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">,
non è tanto la Nato a Kiev, ma “chiacchiere, vignette e
discussioni” tra piazze, bar e redazioni. Finale probabile? </span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">Da
furore a cenere </span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">(Gadda).
</span></span></span></span></b>
</p><p align="left" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial;"><span style="font-size: small;"><span style="background: transparent;">gigi monello</span></span></span></span></p>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-75969025910151392982022-02-07T07:47:00.001-08:002022-02-07T07:49:52.056-08:00Angoscia a Tribalismo<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjej7HKgH6Tdzj81CVLzP9lrApsyt3ptwo3mRUSlPSh10zOGZdbjnkzvdVTL-pmiqWoFDQeH80KnSaEnOly9n0cQGnq3zsavwOyJhS-n3GNXJ_YWikO-0YK_GUPSYM2oVEKbPxw1HfIeYbXUNpIxQfMmtnN4SvV9gxNvIF_Wig_zf3MvLkJ-DK6BL29=s759" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="508" data-original-width="759" height="429" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjej7HKgH6Tdzj81CVLzP9lrApsyt3ptwo3mRUSlPSh10zOGZdbjnkzvdVTL-pmiqWoFDQeH80KnSaEnOly9n0cQGnq3zsavwOyJhS-n3GNXJ_YWikO-0YK_GUPSYM2oVEKbPxw1HfIeYbXUNpIxQfMmtnN4SvV9gxNvIF_Wig_zf3MvLkJ-DK6BL29=w640-h429" width="640" /></a></div><br /> <i><span style="color: maroon; font-family: AppleGaramondLight-Italic; font-size: 34.0pt; mso-bidi-font-family: AppleGaramondLight-Italic;">Angoscia e </span></i><i><span style="color: maroon; font-family: AppleGaramondLight-Italic; font-size: 34.0pt; mso-bidi-font-family: AppleGaramondLight-Italic;">Tribalismo</span></i><p></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-family: Times-Roman;"><o:p> di Gigi Monello</o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-size: 16pt;"><br />Nel suo chalet bavarese Hitler aveva voluto
una grande vetrata direttamente affacciata sull’Untersberg, una roccia verticale
di </span><st1:metricconverter productid="1370 metri" style="font-size: 16pt;" w:st="on">1370 metri</st1:metricconverter><span style="font-size: 16pt;">.
Era lì che il Destino gli parlava; lì aveva i suoi momenti di chiaroveggenza e
prendeva importanti decisioni. Per quella migliore, però, la vetrata non bastò;
ci volle un supplemento di brivido. Il 24 agosto 1939 sopra la montagna apparve
una aurora boreale che tinse di rosso il cielo. Alle tre del mattino è sulla
terrazza col suo cameriere e alcuni ospiti, tra cui Albert Speer. Fissa lo
spettacolo e dice, “Sembra un mare di sangue… è segno che questa volta
bisognerà combattere”. </span><span style="font-size: 16pt;">Da quel cielo la storia parlava; l’inesorabile
era alle porte; il 1° settembre </span><st1:personname productid="la Whermacht" w:st="on"><span style="font-size: 16pt;">la
Whermacht</span></st1:personname><span style="font-size: 16pt;">
entrò in Polonia.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">Sul lato opposto della Germania, al
confine con Svizzera e Francia, si stende <st1:personname productid="la Foresta Nera" w:st="on">la Foresta Nera</st1:personname>, così
chiamata dai romani non si sa bene se per foltezza o scurezza delle foglie; o
per tutte e due le cose insieme. Se volete sentire il palpito profondo del
suolo tedesco, affittate un camper e gettatevi, bambini al seguito, nella selva
oscura; emozioni assicurate.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">Nella Foresta Nera aveva casa Martin Heidegger,
per molti uno dei più grandi pensatori del ‘900. Una baita solitaria, a
Todtnauberg, vicino a Friburgo, con tanto di pozzo e lavatoio all’aperto. Anche
qui il Destino parlava; ma su faccende più private. </span><span style="font-size: 16pt;">Nel 1927, con l’uscita di </span><i style="font-size: 16pt;">Essere e
Tempo</i><span style="font-size: 16pt;">, Heidegger era diventato famoso in Germania, e un gran numero di
studenti veniva a sentirlo a Marburgo. Il libro – titolo solenne e mole
ponderosa – è la cosa giusta al momento giusto. Nell’impasto di un gergo
ermetico mai udito, incrocia </span><i style="font-size: 16pt;">Völkisch </i><span style="font-size: 16pt;">(idee nazional-popolari) e
Husserl, Sant’Agostino e Nietzsche, Kierkegaard (da poco tradotto in tedesco) e
Spengler, Bergson e Dilthey. La miscela funziona, affascina, intercetta un’aria
che tira, un’insofferenza diffusa: basta positivismi e scientismi: la filosofia
è ben altra cosa. C’è una età della vita che ha bisogno di messaggi: scrive una
giovanissima Hannah Arendt,</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><o:p> </o:p></span></i><i><span style="font-size: 16pt;">(il nome di Heidegger) correva di bocca in
bocca in tutta <st1:personname productid="la Germania" w:st="on">la Germania</st1:personname>,
come la fama di un re nascosto... Il pensiero ha ripreso a vivere, il
patrimonio culturale del passato, che si credeva estinto, ha ripreso a
parlarci, ad esprimere cose molto diverse da quelle che, con diffidenza, si </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">supponeva ci dicesse. C’è uno che insegna,
forse è possibile imparare a pensare.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-size: 16pt;">Nel 1928 Heidegger torna a Friburgo, sul
posto già tenuto da Husserl, e diventa ordinario. La fama cresce ancora, tanto che
i vertici del Ministero di Weimar nel 1930 gli offrono una cattedra a Berlino; la
lusinga è forte: il figlio del sacrestano di Messkirch, professore nella stessa
Università di Hegel! Sorprendendo tutti, rifiuta. L’anno successivo l’offerta
viene, però, rinnovata. Il dubbio diviene tempesta. Che fare? Dove consultarsi?
La cosa migliore è interrogare le montagne. Mute solo in apparenza, stanno là,
maschie ed eterne: loro non inganneranno. Così lui stesso scrive di quel
momento,</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="font-size: 16pt;">Da poco mi è stata offerta una cattedra a Berlino
per la seconda volta. In una tale circostanza lascio la città e mi ritiro nella
baita. Ascolto ciò che dicono le montagne, i boschi e le fattorie. Nel
frattempo arrivo dal mio vecchio amico, un contadino settantacinquenne. Nel
giornale ha letto che </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">sono stato chiamato a Berlino. Cosa ne dirà?
Egli poggia lentamente lo sguardo sicuro dei suoi chiari occhi sui miei, tiene la
bocca rigidamente chiusa, poggia la sua mano fedele e prudente sulla mia spalla
e scuote il capo in modo appena percettibile. Questo significa:
inflessibilmente </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">no!</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-size: 16pt;">Restare a Friburgo. Orografia e paesaggio non
transigono; e di rincalzo c’è un settantacinquenne del posto. Restare! E fu Friburgo
per sempre. Il seguito della storia è noto: nel 1933, tra crisi spirituali,
fermenti artistici, miseria materiale e pallottole per la strada, Weimar collassa
e una banda di avventurieri prende in mano il destino della Germania. Riuscito
il colpo, c’è urgente bisogno di rispettabilità, di far cioè dimenticare il puzzo
di falliti da birreria che in molti si portano addosso. Ben vengano, dunque, </span><span style="font-size: 16pt;">magnati, borghesi e gran dottori. A lui offrono
il Rettorato a Friburgo. E questa volta accetta, prende la tessera del Partito,
si impegna immaginandosi un futuro come Guida della cultura tedesca. Sente che
è il suo momento: stila programmi, fa discorsi, immagina riforme </span><i style="font-size: 16pt;">ab imis</i><span style="font-size: 16pt;">;
si </span><span style="font-size: 16pt;">accende di entusiasmo: al collega ed amico
Jaspers, che non sa capacitarsi della sua scelta e che sconfortato gli dice,
“Ma come puoi credere che un ignorante come Hitler possa governare </span><st1:personname productid="la Germania" style="font-size: 16pt;" w:st="on">la Germania</st1:personname><span style="font-size: 16pt;">?”, dà questa stupefacente
risposta, “Ma qui la cultura non interessa… non hai visto le </span><span style="font-size: 16pt;">sue splendide mani?” Un ex-caporale,
fallito architetto alla ricerca di una carriera per sé, si è inventato un
destino per tutti; e il filosofo lo segue stregato.<br /></span><span style="font-size: 16pt;">L’uomo è però spigoloso e presto comincia a
provare fastidio per il </span><i style="font-size: 16pt;">nazismo reale:</i><span style="font-size: 16pt;"> troppi compromessi, interessi
spiccioli, mediocrità, opportunismi; trova una voglia di azione primitiva, poca
cultura; si </span><span style="font-size: 16pt;">sente più in sintonia con l’ala pura,
quella di Röhm e delle SA, fazione destinata a tragico fallimento. Dopo un anno
lascia l’incarico, ma resta nazionalsocialista; e oggi , esplorati e commentati
sino allo sfinimento </span><span style="font-size: 16pt;">i suoi </span><i style="font-size: 16pt;">Quaderni neri</i><span style="font-size: 16pt;">, sappiamo che
restò tale sino alla fine: nazista, antisemita, razzista.<br /></span><span style="font-size: 16pt;">Ineludibile, sorge la domanda: basta,
questo, a rimpicciolirlo come filosofo? Ha scritto Max Vincent,</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><o:p> </o:p></span></i><i><span style="font-size: 16pt;">(...) possiamo affermare fin d’ora che </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">un pensiero che si è identificato in gran </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">parte in ciò che di peggio è avvenuto nel </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">XX secolo non può in alcun modo avere </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">la grandezza che l’acclamazione e il
sostegno </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">degli heideggeriani continuano a </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">tributargli.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-size: 16pt;">Verrebbe voglia di sottoscrivere subito, se,
istintivamente, non ci si affacciasse alla mente una banale associazione: forse
che Maradona come calciatore, Caravaggio come pittore e Chuck Berry come
musicista, vengono rimpiccioliti dai ben noti, loro scivolamenti nel
delinquenziale? </span><span style="font-size: 16pt;">O la filosofia </span><i style="font-size: 16pt;">è cosa a parte </i><span style="font-size: 16pt;">e ha
obblighi più stretti verso l’Etica? </span><span style="font-size: 16pt;">Interessante quesito. Accantoniamolo e spostiamoci
sull’uomo; chi era Heidegger come uomo? Sentiamo chi lo vide da vicino:</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><o:p> </o:p></span><i><span style="font-size: 16pt;">(...) un uomo di poca apparenza, il quale sembrava
più un elettricista venuto a controllare l’impianto che un filosofo.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">(Paul Hühnerfeld)<i><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><o:p> </o:p></span></i><i><span style="font-size: 16pt;">(...) entrò nella sala, intimidito come un
piccolo contadino giunto alla porta del castello (...) Ciò che appariva più
inquietante, era la sua serietà mortale e la sua totale mancanza di humour.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">(Toni Cassirer)<i><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><o:p> </o:p></span></i><i><span style="font-size: 16pt;">L’elemento di fascino che emanava da lui
era in parte dovuto all’impenetrabilità della sua natura. Nessuno lo conosceva
bene, e la sua </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">persona è stata oggetto per anni di aspre
controversie quanto le sue lezioni. Come Fichte, anch’egli era per metà un uomo
di scienza; per l’altra metà, forse la maggiore, aveva la natura dell’oppositore
e del predicatore, che sapeva affascinare per quel suo mettersi in urto col
mondo, spinto dall’indignazione verso il proprio tempo e verso se stesso.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">(Karl Löwith)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><o:p> </o:p></span></i><i><span style="font-size: 16pt;">Dopo aver sentito le sue lezioni, mi sento
pronto a tutto; ma non so a che cosa.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">(anonimo studente a Marburgo, nei ricordi<i>
</i>di Löwith)<i><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><o:p> </o:p></span></i><i><span style="font-size: 16pt;">Sinchè può, mente.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">(Hannah Arendt)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-size: 16pt;">Ed ecco ora, in ordine volutamente sparso,
un varietà di <i>vissuti </i>noti e meno noti: 1) Friburgo, 1933, durante la
presentazione delle matricole, non stringe la mano ad una Mendelssohn,
studentessa ebrea; 2) Brema 1949, durante una conferenza afferma che Auschwitz
e cose affini, altro non sono stati, in fondo, che il naturale adeguarsi alle
moderne modalità industriali della antica prassi dell’omicidio di massa; 3)
1933, da Rettore a Friburgo, con una velenosa relazione-denuncia cerca di </span><span style="font-size: 16pt;">stroncare la carriera di un suo
ex-allievo, E. Baumgarten, divenuto professore a Gottinga; 4) durante il
seminario dell’anno accademico ‘33-‘34, parlando di negri, come ad esempio i
Bantu, smette di usare la parola “popolo” e passa all’espressione “gruppi di
uomini che non hanno storia”, al pari di “scimmie ed uccelli”; 5) 1933, chiede
al Ministero della Cultura </span><span style="font-size: 16pt;">il licenziamento del chimico Hermann Staudinger,
segnalato dalla </span><i style="font-size: 16pt;">Gestapo </i><span style="font-size: 16pt;">come elemento politicamente inaffidabile; 6) 25 novembre
1933, durante la cerimonia di immatricolazione rivolge ai presenti un fervido
appello a tenere un comportamento </span><i style="font-size: 16pt;">esemplare </i><span style="font-size: 16pt;">verso tutti i </span><i style="font-size: 16pt;">Volksgenosse</i><span style="font-size: 16pt;">
(compagni di razza); nello stesso mese dispone la soppressione delle borse di
studio per studenti marxisti o ebrei; 7) 1929, lettera a Viktor Schwoerer,
Direttore </span><span style="font-size: 16pt;">delle Università del Baden: siamo ad un
bivio: o agire perché la formazione spirituale tedesca torni nelle mani di </span><i style="font-size: 16pt;">educatori</i><span style="font-size: 16pt;">
</span><i style="font-size: 16pt;">autentici provenienti dal territorio</i><span style="font-size: 16pt;"> o cedere alla </span><i style="font-size: 16pt;">crescente
giudaizzazione</i><span style="font-size: 16pt;">; 8) </span><span style="font-size: 16pt;">maggio 1934, ad un mese dalle dimissioni da
Rettore, entra a far parte, insieme a Streicher e Rosenberg, dell’Accademia per
il diritto tedesco, ente che collabora alla stesura delle Leggi di Norimberga
del 1935; 9) </span><st1:metricconverter productid="1976, in" style="font-size: 16pt;" w:st="on">1976, in</st1:metricconverter><span style="font-size: 16pt;">
una intervista allo </span><i style="font-size: 16pt;">Spiegel </i><span style="font-size: 16pt;">dichiara una sorta di orrore per le </span><span style="font-size: 16pt;">foto della terra scattate dalla luna;
l’impresa americana è solo il segno di quanto grave sia lo </span><i style="font-size: 16pt;">sradicamento </i><span style="font-size: 16pt;">causato
dalla </span><span style="font-size: 16pt;">tecnica; 10) 2014, </span><i style="font-size: 16pt;">Quaderni Neri</i><span style="font-size: 16pt;">,
chiarisce, come già sostenuto in passato, che l’Olocausto altro non fu che un
atto di </span><i style="font-size: 16pt;">autoannientamento</i><span style="font-size: 16pt;">, </span><span style="font-size: 16pt;">cioè l’effetto finale del dominio tecnico
sull’Essere, che, messo in moto dagli Ebrei, popolo </span><i style="font-size: 16pt;">calcolante</i><span style="font-size: 16pt;"> per
eccellenza, ha finito per ritorcerglisi </span><span style="font-size: 16pt;">contro; 11) </span><i style="font-size: 16pt;">Ibidem: </i><span style="font-size: 16pt;">la mancata
traduzione in inglese della sue opere è prova della mediocrità di quel popolo e
della sua costituzionale incapacità metafisica; 12) </span><i style="font-size: 16pt;">Ibidem</i><span style="font-size: 16pt;">, L’attacco
italiano alla Grecia è frutto di risentimento e ultimo segno di quel complesso di
inferiorità provato dai </span><span style="font-size: 16pt;">Romani al cospetto dei modelli greci. </span></p><p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-size: 16pt;">Tutto
vero e tutto assai sgradevole; e, nel caso delle due ultime affermazioni, non privo
di qualche venatura paranoide. Si può dunque dar ragione a Rorty quando scrive
che, come essere umano, Heidegger era un </span><i style="font-size: 16pt;">esemplare alquanto scadente</i><span style="font-size: 16pt;">. </span><span style="font-size: 16pt;">Ma la domanda resta sempre la stessa: tutto
ciò rimpicciolisce la sua filosofia? Nulla da fare. Si sente che non sta qui il
problema; che occorre spostare da un’altra parte lo sguardo. Torniamo indietro,
agli esordi della sua entrata in società: la scuola gli ha dato la misura del
suo valore, ha una tenace volontà di riuscire ed è alla ricerca di un ascensore
sociale. Entra in Seminario e prova a diventare Gesuita ma, dopo pochi mesi,
viene congedato per mai definiti motivi di salute; immaginabile la
frustrazione; </span><span style="font-size: 16pt;">cominciano anni di incertezza: si iscrive
prima in Teologia, poi in Matematica, infine a Filosofia. È la sua strada:
studi intensi, ferrea disciplina; nel 1913 si addottora con una tesi su </span><i style="font-size: 16pt;">La
dottrina del</i><span style="font-size: 16pt;"> </span><i style="font-size: 16pt;">giudizio nello psicologismo. </i><span style="font-size: 16pt;">Il suo sogno, adesso, è la
cattedra universitaria. Lasloswky, un amico che gli fornisce anche sostegno finanziario,
gli dà questo consiglio, </span><i style="font-size: 16pt;">Sarebbe</i><span style="font-size: 16pt;"> </span><i style="font-size: 16pt;">bene che tu ti avvolgessi dentro una</i><span style="font-size: 16pt;">
</span><i style="font-size: 16pt;">misteriosa oscurità, per incuriosire la</i><span style="font-size: 16pt;"> </span><i style="font-size: 16pt;">gente</i><span style="font-size: 16pt;">. Aggiungendo che
poco gli avrebbe </span><span style="font-size: 16pt;">giovato seguitare a mostrarsi troppo legato
al Cristianesimo tradizionale. Insegnamenti che saranno valorizzati. Nel </span><st1:metricconverter productid="1916, a" style="font-size: 16pt;" w:st="on">1916, a</st1:metricconverter><span style="font-size: 16pt;"> Friburgo, diventa
assistente di Husserl. La </span><i style="font-size: 16pt;">fenomenologia </i><span style="font-size: 16pt;">lo folgora, è la rivoluzione che
attendeva. Nel ‘19, finita la guerra, tiene sul tema un appassionato corso. Per
</span><st1:personname productid="la Germania" style="font-size: 16pt;" w:st="on">la Germania</st1:personname><span style="font-size: 16pt;">
son tempi fluidi: il mondo di Weimar è un ribollente </span><span style="font-size: 16pt;">calderone di contraddizioni, risentimenti,
angosce, estetismi, trasgressioni, illusioni; sul gran mercato delle
rivoluzioni anti-borghesi (cioè anti Weimar) c’è di tutto: dall’appello al
folklore di <i>Völkisch </i>e Jüngeriani ai disincanti anarco-libertari degli atei
Berlinesi; dal marxismo rivoluzionario </span><span style="font-size: 16pt;">al cattolicesimo progressista. Per sfondare
occorre un prodotto interamente </span><span style="font-size: 16pt;">nuovo: un ibrido geniale, un capolavoro di
</span><i style="font-size: 16pt;">tempismo, </i><span style="font-size: 16pt;">un viaggio nelle strutture della coscienza che ogni tanto viri
verso il </span><i style="font-size: 16pt;">richiamo della foresta</i><span style="font-size: 16pt;">; il tutto legato in un linguaggio di </span><i style="font-size: 16pt;">una
misteriosa oscurità</i><span style="font-size: 16pt;">. Novità, profondità, fascino, adattabilità alle
circostanze. Sta qui la magagna: nel </span><i style="font-size: 16pt;">capolavoro </i><span style="font-size: 16pt;">del 1927 circola una
doppiezza di fondo, un certo qual sentore di teoretico imbroglio, insomma
l’antica malattia usa, spesso, infettare </span><span style="font-size: 16pt;">i discorsi sulla verità: la sofistica, l’adulazione
del pubblico, la sirena retorica; il </span><i style="font-size: 16pt;">teorizzare </i><span style="font-size: 16pt;">come tecnica vitale al
servizio di un progetto personale (alias </span><i style="font-size: 16pt;">carriera</i><span style="font-size: 16pt;">). Prendete la celebre
nozione di </span><i style="font-size: 16pt;">autenticità</i><span style="font-size: 16pt;">; a seconda dei passi che si leggono, assume a
volte un tono </span><i style="font-size: 16pt;">pascaliano</i><span style="font-size: 16pt;">, </span><span style="font-size: 16pt;">altre uno </span><i style="font-size: 16pt;">v</i><span style="font-size: 16pt;">ö</span><i style="font-size: 16pt;">lkish</i><span style="font-size: 16pt;">: una volta
trovi l’angoscia individuale che libera dallo stordimento del </span><i style="font-size: 16pt;">divertissement
</i><span style="font-size: 16pt;">medio e trascina di fronte alla equivalenza dei progetti, alla lucidità e
al coraggio della finitudine; altre, il ritorno nel grembo, allo strato profondo
della comunità, il radicamento nel suolo, la nazione, il sangue,
l’appartenenza, il </span><i style="font-size: 16pt;">Destino</i><span style="font-size: 16pt;">. <br />A volte il mondo appare </span><i style="font-size: 16pt;">senza storia e</i><span style="font-size: 16pt;">
</span><i style="font-size: 16pt;">senza politica</i><span style="font-size: 16pt;">: in qualunque epoca si ha la ventura di vivere, il dramma
è sempre e solo tuo, non c’è processo, epoche, passaggi; solo singoli, gettati
in un luogo e in un tempo, nella libertà assoluta, eroi o </span><span style="font-size: 16pt;">travet, star del cinema o barboni; antichi
e moderni; tutti con un unico e medesimo problema, sempre lo stesso:
l’affacciarsi sul Nulla e il guardarlo; è l’Heidegger, potremmo dire, di Sartre
e degli esistenzialisti </span><span style="font-size: 16pt;">parigini. L’Heidegger della purezza trascendentale,
dell’</span><i style="font-size: 16pt;">autenticità vuota</i><span style="font-size: 16pt;">,</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="font-size: 16pt;">Il per-che l’angoscia è tale non è un
determinato modo di essere o una possibilità dell’Esserci. La minaccia è sempre
indeterminata (...) il per-che l’angoscia è angoscia è l’essere nel mondo come
tale. Nell’angoscia l’utilizzabile intramondano e l’ente intramondano in
generale sprofondano. Il mondo non può più offrire nulla, e lo stesso il
con-esserci degli altri. L’angoscia sottrae all’Esserci la possibilità di
comprendersi deiettivamente a partire dal mondo e dallo stato interpretativo pubblico
(...) Assieme al per-che dell’angosciarsi, l’angoscia apre l’Esserci come </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">esser-possibile, e precisamente come tale che
solo a partire da se stesso può essere ciò che è: cioè come isolato e
nell’isolamento. L’angoscia rivela nell’Esserci (...) l’esser-libero-per...
(propensio in...) l’autenticità </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">del suo essere in quanto possibilità (...)</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-size: 16pt;">Altre volte, invece, </span><i style="font-size: 16pt;">la storia c’è; e
c’è la politica</i><span style="font-size: 16pt;">: e i tedeschi sono eredi dei Greci</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">della prima ora;
ed ecco, dopo gli sviamenti</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">del </span><i style="font-size: 16pt;">moderno - </i><span style="font-size: 16pt;">materialista,
illuminista,</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">plebeo e livellatore -, ecco intravedersi</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">all’orizzonte
la nuova alba: la tribù</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">tedesca che si sveglia, si afferma, cresce,</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">domina,
riportando in vita i valori dello</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">Spirito: il linguaggio lega il tutto
in caldo</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">amalgama: uomini, montagne, canti, cannoni,</span><i style="font-size: 16pt;"> </i><span style="font-size: 16pt;">alberi,
strudel e birra.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="font-size: 16pt;">Se l’esserci, anticipando la morte, la
erige a padrona di sé, allora, libero per essa, si comprende nella ultrapotenza
della sua libertà finita e (...) può assumere su di sé l’impotenza
dell’abbandono (...) Ma poiché l’Esserci, carico di destino per il fatto di
essere-nel-mondo, esiste sempre e per essenza come con-essere con gli altri, il
suo storicizzarsi è un con- storicizzarsi che si costituisce come
destino-comune. Con questo termine intendiamo lo storicizzarsi della comunità,
del popolo. </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">Il destino-comune non è la somma dei singoli
destini (...) Nell’essere assieme in un medesimo mondo e nella decisione per
determinate possibilità, i destini sono anticipatamente segnati. Solo nella comunicazione
e nella lotta, la forza del destino-comune si rende libera. Il destino che
l’Esserci ha in comune con la sua generazione, esprime lo storicizzarsi pieno e
autentico dell’Esserci.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;"><o:p> </o:p></span><span style="font-size: 16pt;">È l’Heidegger di Jüngeriani e Spengleriani
e <i>Völkisch-vitalisti</i> in genere: </span><span style="font-size: 16pt;">l’occidente tramonta, ma – niente paura –
l’ultima parola sarà </span><i style="font-size: 16pt;">dei biondi con</i><span style="font-size: 16pt;"> </span><i style="font-size: 16pt;">gli occhi chiari</i><span style="font-size: 16pt;">; c’è un
Destino, che si rivela nel pensiero poetante a pochi, e nel folklore a tutti. Questa
autenticità piena e </span><i style="font-size: 16pt;">sporca </i><span style="font-size: 16pt;">di storia, </span><span style="font-size: 16pt;">risuona distintamente in alcuni altri passaggi
che potremmo rubricare, all’incirca, come “mistica dell’ombra rurale”, “inconscio
pre-copernicano” e “allergia al dispositivo meccanico”:</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="font-size: 16pt;">In qualche modo anche l’Esserci
‘primitivo’ si sottrae alla necessità di una lettura diretta del tempo nel
cielo, allorquando anziché osservare la posizione del sole nel cielo, misura le
ombre proiettate da un oggetto costantemente disponibile. Ciò può avvenire in
forma semplicissima </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">con gli antichi ‘orologi di campagna’. Ogni
uomo è accompagnato costantemente dalla propria ombra, che varia col mutare di
posizione del sole. La variazione delle lunghezze delle ombre durante il giorno
può essere facilmente misurata ad ogni momento per mezzo del piede. Anche </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">se la lunghezza del corpo e del piede muta
secondo gli individui, il loro rapporto, entro certi limiti, è costante. La
determinazione pubblica del tempo nell’ambito del prendere cura assume allora,
ad esempio, questa forma: ‘Quando le ombre saranno lunghe tanti piedi, ci
incontreremo in </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">quel determinato posto’. In questo caso l’essere-assieme
(...) presuppone in esplicitamente l’uguaglianza di latitudine del ‘luogo’ in
cui avviene la misurazione delle ombre.</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-size: 16pt;">Uguaglianza di latitudine: inesplicito modo
di alludere ad una Nazione che si prende cura di sé; e ad uno stesso cielo dove
il tempo è </span><i style="font-size: 16pt;">fidatamente </i><span style="font-size: 16pt;">scandito da sempre,</span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><i><span style="font-size: 16pt;">L’avere cura fa uso della ‘presenza’ del sole
che spande luce e calore. Il sole data il tempo interpretato nel prendersi
cura. Da questa datazione trae origine la misura del tempo ‘più naturale’ di
tutte, il giorno. Poiché la temporalità dell’Esserci che deve prendersi il suo
tempo è finita, anche </span></i><i><span style="font-size: 16pt;">i suoi giorni sono già contati. Il ‘mentre
è giorno’ offre all’aspettarsi prendente cura la possibilità di determinare i
‘poi’ di ciò di cui ha da prendersi cura, cioè di suddividere il giorno. Ma la
suddivisione si compie, di nuovo, in base a ciò che data il tempo: il sole nel
suo corso. Il sorgere, il tramonto e il mezzogiorno sono ‘posti’ particolari
che l’astro via via occupa. L’Esserci, gettato nel mondo e temporalizzantesi dandosi-tempo,
tiene conto del corso del sole che si ripete regolarmente. Lo storicizzarsi
dell’Esserci è ‘giornaliero’</span></i><i><span style="font-size: 16pt;">(...).</span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">A proposito del “giornaliero”, verrebbe voglia
di chiosare che, al pari dello storicizzarsi dell’<i>Esserci</i>, anche
l’atteggiarsi del filosofo, può esserlo. E adesso, per l’ultima volta, la
stessa, identica domanda: toglie, questa doppiezza, grandezza alla filosofia di
Heidegger? La rimpicciolisce? Beh, questo sì. Perché o c’è l’angoscia e allora
è impossibile <st1:personname productid="la Trib" w:st="on">la Tribù</st1:personname>;
o c’è <st1:personname productid="la Trib" w:st="on">la Tribù</st1:personname>,
e allora dilegua l’angoscia. Le due cose insieme non stanno. Tornando al
calcio, sarebbe come se Maradona, dopo venti minuti di palleggio stretto e dribbling
offensivo, per altri venti si desse a interdizione a centrocampo e passaggi
lunghi per lanciare il contropiede. La domanda sorgerebbe spontanea: ma a che
gioco giochiamo o divo Maradona? Con che gioco si vince nel <i>football</i>?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="color: black; font-size: 16.0pt;">Ha detto una volta Sartre, del Rettore di Friburgo,
“Heidegger non ha carattere”. Ed aveva, in un senso profondo che va aldilà
delle parole, pienamente ragione: avendone sempre avuti due, non poteva averne
alcuno<o:p></o:p></span></p>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-67638592787615521462022-01-21T15:19:00.004-08:002022-01-21T15:21:17.809-08:00Lacrimevole fine di un peto in mano cortigiana<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhSrvXpF-SgZA5ZXc29-Zs9HLE0YxXyDlFFEwoIoRhldlpn64e1v7TY57mqjDMk2Z40PnmTsm6AsqYTj9Vmlqp9OTNxLK8TZ4MLBApRjuX9K4wFPpB4ztrqRvlih2qZ2z46k8dDPNT-ae92QCfQIMkG4jd9XwzXjPRk1nxqE22d4fwBkHWWzRfDo5GF=s950" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="730" data-original-width="950" height="493" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhSrvXpF-SgZA5ZXc29-Zs9HLE0YxXyDlFFEwoIoRhldlpn64e1v7TY57mqjDMk2Z40PnmTsm6AsqYTj9Vmlqp9OTNxLK8TZ4MLBApRjuX9K4wFPpB4ztrqRvlih2qZ2z46k8dDPNT-ae92QCfQIMkG4jd9XwzXjPRk1nxqE22d4fwBkHWWzRfDo5GF=w640-h493" width="640" /></a></div><br /><p></p><p></p><p><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-size: medium;">Casa
Bianca, metà Giugno 2009, Berlusconi a Washington, conferenza stampa
finale. Obama illustra l’esito delle conversazioni, atmosfera
distesa, cordiale, brillante. All’improvviso un poderoso peto
squarcia l’aria. Tutti si girano di scatto verso Mr.
Berlusconi. Non c’è ombra di dubbio: è stato lui. Il primo
ministro italiano sorride accattivante. Fa finta di nulla.<br />
Stupore
assoluto! L’ha fatto apposta?! Gli è scappato?!<br />
Mistero.<br />
Attimi
di gelo. Obama riprende, conclude e passa la parola
all’ospite.<br />
Frizzi, lazzi, sorrisi, battute, ammiccamenti; il
premier italiano è un fiume in piena.<br />
Chiude con un enigmatico,
“…e non si muove foglia che Obama non voglia!”. Giornalisti e
diplomatici si guardano attoniti.<br />
Parte un applauso di
circostanza. Obama sorride affabile.<br />
Brusio, mormorii, ilarità
repressa. Qualcuno si gira verso cameramen e fonici: sarà stato
registrato?<br />
Strette di mano, ok alle telecamere, sorrisi,
abbraccio finale, “Goodbye Mr President!”. “Goodbye
Mr.Berlusconi!”.<br />
<br />
Roma, Palazzo Chigi, urla disperate al
cellulare, è Gianni Letta: “Ma cosa ha fattoooo! Alla Casa Bianca!
In faccia al mondo! Dio Dio Dio Dio! …Non è possiiiibile!”.
Arriva Bondi: viene convocata l’unità di crisi; scatta l’allarme
rosso. Iperemici e congesti arrivano Cicchitto, Quagliariello e
Capezzone.<br />
Intanto a Palazzo Grazioli, Bonaiuti e Vito si
affannano attorno all’altarino su cui troneggia l’effigie di don
Baget-Bozzo in ray-ban e maglietta rosa shocking da vecchio flaneur.
Accese sei candele e fatta un’orazione, accorrono anch’essi al
luogo del raduno.<br />
Arrivano Ghedini, Brambilla e Tremonti. Il
trust di cervelli si mette al lavoro. Si intrecciano torniti e
sottili argomenti. Ben presto, intorno al peto, si delineano due
agguerrite scuole di pensiero, quella della “involontarietà”
(Ghedini-Tremonti) e quella della “volontarietà”
(Cicchitto-Capezzone). La disputa è lunga e complessa, ricca di
sostanza logica come di dialettico orpello.<br />
Gli <i>Involontaristi</i>
premono perché sia il lato “materiale” ad essere privilegiato:
scusabile incidente, surmenage del Presidente, passeggere difficoltà
enteriche, pneumatismi, caldo, dieta sbagliata, piccolo abuso di
pasta e fagioli in quel di Napoli, disagio climatico, scompenso da
fuso, stress da viaggio; ma, soprattutto, i ritmi infernali di un
uomo che nulla si risparmia quando è in gioco il bene del paese.<br />
<br />
I
<i>Volontaristi</i> insorgono: linea sbagliatissima! Assurda! Si
incrina l’immagine del premier vitale, vincente, instancabile,
ancora pienamente padrone del suo corpo. No! Si dia mano all’audacia!
Si giuri e si spergiuri che il peto è stato assolutamente
intenzionale.<br />
Ennesima manifestazione della contagiosa
spontaneità del leader, del suo spirito gioiosamente
antiprotocollare, del suo saper essere vicino alla gente; la prova
provata che il Presidente è “un uomo che ama la vita”; in tutti
i suoi aspetti, anche quelli più intimi e più sanamente plebei.<br />
Il
peto è pura gioia di vivere partecipata agli altri; senza
formalismi. “Si citi senz’altro” – sibila ispirato Bondi –
“il celeberrimo, terenziano, Homo sum, humani nihil a me alienum
puto ”.<br />
<br />
Fervono le discussioni, gli animi si riscaldano.
Passa il tempo, l’accordo non si trova. Finché, risolutiva, ecco
la genialata di Quagliariello.<br />
C’è una terza formula per
risolvere l’impiccio: l’inesistenza.<br />
Né volontario, né
involontario; il peto, semplicemente, non è mai esistito.<br />
I
visi si illuminano. Tremonti plaude; Letta fa misurati cenni di
assenso; Bondi si scioglie in lacrime. Com’è che non ci si è
pensato prima?!<br />
Il genio sagace del professor sottile riporta
tutti al cospetto della verità: quanto può durare nella memoria
<i>teleidioVisiva</i> degli Italiani, l’ideuzza sgangherata di un
peto?!<br />
Poche ore al massimo! Dunque, spegnere la notizia in Tv,
moltiplicare i servizi su abbronzatura, creme protettive e ansia
pre-balneare da sovrappeso; mostrare qualche retata di camorristi in
Campania, un po’ di militari in giro per le strade, e, soprattutto,
martellare senza pietà su Kakà, Ronaldo e Ronaldinho.<br />
Insomma,
non parlarne.<br />
E quanto alle eventuali registrazioni audio/video
(quand’anche ci fossero); dov’è la prova assoluta che di
“scorreggia” si sia trattato e non di altro?! Potrebbe ben essere
stato il cigolio anomalo di una porta, un jet militare, la suola
gommata della scarpa di una guardia del corpo, uno strano volatile di
passaggio; al limite, un rumorista di Hollywood pagato dai
Komunisti!<br />
Ovazione generale! Gaetano, sublime
intelletto!<br />
Salvatore dell’ottimo capo!<br />
La Brambilla gli
stampa un bacio sulla fronte; altri lo acclamano, “Principe delle
discussioni”.<br />
Si chiama Vespa, si prenota una puntata di
“Porta a Porta”; tema: “La scarpa italiana nel mondo”.
L’imperativo – categorico e impegnativo per tutti – è
dirottare, sviare, spostare; senza dimenticarsi, naturalmente, di
confondere.<br />
Si dirama una circolare urgente a tutte le sedi del
PdL: per almeno due mesi, in discorsi ed incontri pubblici, evitare
tassativamente la voce “ripeto”. Sostituire con “ribadisco”.</span></span></p><p><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-size: medium;"><br /></span></span></p><p><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;">gigi monello</span></span></p>
<p style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><br />
</p><br /><p></p>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-48544756821587059992021-12-27T13:35:00.000-08:002021-12-27T13:35:46.137-08:00Accabadore, mamuthones e mammuscones <p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhTkxlwRTFmyATUMbmwHW4lsT6-CTDgH_TDQWYzvVExZObgHERjv47powPrwq3B5t6U1n60dm9Z3cRH4757h98y7HWsGNCT9tdDZ5yLjhKe77BLgKUNKtsE6jPy9WsNIcPz_IQXgk-ExyeebAd58FaBVW-oOoZPpmlfxRlkhiFEWlkVVQhPhyB0zt1R=s565" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="404" data-original-width="565" height="286" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhTkxlwRTFmyATUMbmwHW4lsT6-CTDgH_TDQWYzvVExZObgHERjv47powPrwq3B5t6U1n60dm9Z3cRH4757h98y7HWsGNCT9tdDZ5yLjhKe77BLgKUNKtsE6jPy9WsNIcPz_IQXgk-ExyeebAd58FaBVW-oOoZPpmlfxRlkhiFEWlkVVQhPhyB0zt1R=w400-h286" width="400" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br /></div><br /><span><div style="font-family: arial; text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">L' ultima </span><i style="font-family: Arial;">accabadora </i><span style="font-family: Arial;">che ha
operato a Gergei si chiamava <i>Luisica Conch' 'e Cuaddu</i>, e il suo ultimo
intervento deve essere stato nel primo dopoguerra, a favore di un uomo di nome
Piriccu F. che aveva il vizio di fumare il sigaro <i>a fogu aintru</i>,
cioè tenendo la brace del sigaro dentro la bocca, abitudine a quei tempi molto
diffusa, ma deleteria per la salute. Infatti ziu Piriccu si prese un
brutto tumore alla bocca che sul finire gli procurava dolori atroci e per
questo chiese l' intervento de s' accabadora per praticargli la " dolce
morte". L' intervento fu poi praticato con l' approvazione più o meno
esplicita della comunità.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;"><br /></span></div>
<span style="font-family: Arial;">
Anche l' infanticidio era molto praticato nel passato, di solito per motivi
eugenici. Per il mondo greco-romano abbiamo anche una ricca documentazione. Ma
sembra fosse molto praticato dappertutto fino a tempi recenti.</span><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">Se ne può trovare qualche traccia anche nel mio paese. Si racconta infatti che
tale C. T., verso gli anni '60, saputo della nascita di un un figlio del
fratello, si recò a fare visita per vedere il nipote, e dopo averlo esaminato
disse: "Mi paridi leggixeddu meda. Ita feis, dhu chisteis ? ", (
Mi sembra molto bruttino. Cosa fate lo allevate ?); facendo riferimento e
consigliando in pratica l' infanticidio. Per fortuna ormai i tempi erano già
molto cambiati, e specie la madre si scandalizzò e il neonato fu allevato. Però
lo zio, sul suo stato di salute aveva visto giusto. Infatti il bambino era
sempre malaticcio, e crescendo andò sempre peggiorando fino a diventare
invalido al 100 x 100 e, carico di malanni, finì allettato.</span></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="font-family: arial; font-size: large;"></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">In realtà la pratica
eutanasica de <i>s'</i> <i>accabadora </i>è stata introdotta nell' ottocento come
pratica meno crudele di quella di buttare i vecchi giù da un dirupo, usata fino
ad allora, o di abbandonarli in campagna, pratica meno cruenta ma anch' essa
crudele. Per questo motivo penso che sarebbe opportuno rivalutare la figura de
<i>s' accabadora</i>, almeno ora che la sentenza 242/2019 della Corte costituzionale
ha riconosciuto il diritto al suicidio medicalmente assistito ad alcune
tipologie di pazienti. Il suo metodo, infatti, non faceva soffrire l' anziano
perché la specialista, prima lo faceva svenire con un colpo secco alla
tempia col suo martello di legno, per poi, subito dopo, soffocarlo col cuscino.
Inoltre prima si accertava se il paziente fosse in grado di intendere e di
volere; e, in tal caso, se fosse consenziente e determinato, come chiarisce
bene la scrittrice Michela Murgia nel suo <i>Accabadora </i>edito da
Einaudi.</span></div><span style="font-family: Arial;"><div style="text-align: justify;">Quindi, già molto tempo prima della sentenza della suprema Corte, s' accabadora
sarda si ispirava, sostanzialmente, ai criteri da essa poi stabiliti. Dunque,
rivalutiamola pure. </div><o:p></o:p></span><p></p>
<p class="MsoNormal"></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Una pratica di
"anestesia", simile a quella citata, la si attuava anche dai dentisti
nel Far West, come si vede in certi film western, assestando un colpo di
mattarello alla tempia del paziente prima dell' estrazione del dente.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; text-align: left;">Queste antiche pratiche sono ben documentate dalla nota studiosa Dolores
Turchi, sia sulla base di testi di autori latini e greci, sia di testimonianze
di alcuni anziani di vari paesi del centro Sardegna </span><sup style="font-family: arial; text-align: left;">(1) </sup></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Anche F. Masala in <i>Il culto delle acque in Sardegna</i>, riporta di due
storici greci, Timeo a Eliano, che dicono che in Sardegna i figli buttavano i
vecchi nelle pozze dei fiumi o nei baratri pieni d'acqua (<i>sos mammuscones</i>)
quando raggiungevano i 70 anni, col rituale dell' affogamento. A Cossoine (SS)
esiste una voragine naturale in cui scorre acqua, Sa <i>ucca 'e su Mammuscone</i>,
dove secondo le leggende locali venivano buttati i vecchi e anche le ragazze
che restavano incinte senza essere sposate. Masala fa anche l' interessante
ipotesi che il nome <i>Mamuthones</i> derivi da mammuscones e
che la "processione danzata "(R. Marchi) eseguita dalle maschere
tipiche del carnevale di Mamoiada (sos Mamuthones, i vecchi; e sos
Issohadores, i giovani), sia "la permanenza folclorica dell' antichissimo
rito dell' affogamento nelle acque" delle voragini dette "
mammuscones ".</span></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="font-size: large;"></p><div style="font-family: arial; text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">Testimonianze chiare della
pratica di abbandonare i vecchi in campagna ci sono anche nel mio paese. Si
trovano nel racconto di come fu dismessa quella tradizione, e mi sembrano
credibili perché sostanzialmente uguali, pur con qualche differenza, alle
testimonianze raccolte dalla Turchi in paesi distanti tra loro e di cultura e
lingua un po' diverse. Anche mia moglie, che ha trascorso buona parte dell'
infanzia in Abruzzo, ricorda di avervi sentito un racconto simile, ma con una
significativa differenza. <br />Quanto alle motivazioni di quella tradizione, si dice
che all' inizio dell' inverno, quando la sopravvivenza diventava più difficile,
e i vecchi non autosufficienti apparivano un peso gravoso per la famiglia e una
bocca in più da sfamare, erano loro stessi a chiedere il trattamento previsto
dalla tradizione, sacrificandosi volentieri per dare una possibilità in più
alla nuova generazione dei nipoti. Tutti i testi e le testimonianze sembrano
concordano sul fatto che i vecchi accettassero volentieri questa tradizione e
la difendessero.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial; text-align: left;">Checchè ne dicano i racconti, io da indomito seguace del <i>materialismo storico</i>,
credo che il vero motivo per cui si abbandonò quella pratica, era che le
condizioni di vita stavano migliorando e quindi quella tradizione crudele non
aveva più senso di esistere.</span></div>
<br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">Un racconto del mio paese dice di un uomo che stava portando il padre in
campagna a spalla. Giunto a un posto non molto lontano dal paese chiamato </span><i style="font-family: Arial;">s'
abasiadroxu</i><span style="font-family: Arial;"> dove si riposavano quelli che trasportavano fasci di legna da
ardere a spalla, si fermò per riposare. Il padre gli disse: "Innoi m'
arregodu ca mi fui abasiau deu puru candu 'ncia portau a babbu miu a su
sartu". (</span><i style="font-family: Arial;">Qui mi ricordo che riposai anch' io quando portai mio padre in
campagna</i><span style="font-family: Arial;">). A questo punto l' uomo, riflettendo sulle parole del padre, capì che
quello sarebbe stato anche il suo personale destino e decise di rompere la
tradizione, riportando il padre a casa per assisterlo. La variante abruzzese
dice che mentre l' uomo stava per uscire di casa, il figlio gli chiese dove
stava andando, e alla spiegazione del padre disse :" Voglio venire
anch'io, così imparo per quando dovrò portare te ". A queste parole anche
l' uomo abruzzese capì che era meglio rompere quella tradizione e lasciò in
casa il padre per assisterlo. Anche gli indiani d' America avevano tradizioni
simili; però presso di loro i vecchi, quando sentivano che le forze li stavano
abbandonando, si allontanavano da soli per lasciarsi morire nelle campagne.</span></div>
<br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">Nota (</span><span style="font-family: Arial;">1) D. Turchi, <i>Leggende
e racconti popolari della Sardegna</i>; idem, <i>Lo sciamanesimo in Sardegna</i>;
idem, <i>Le tradizioni popolari della Sardegna</i>. Questi tre testi vanno bene
anche per chi volesse approfondire la conoscenza dei <i>contus de forredda o
de foghile</i>, perché la maggior parte rientrano in tale categoria, anche se
ciò non viene specificato.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">Antonio Murgia</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">ex Docente Liceo Scientifico Pacinotti - Ca</span></div><p></p><div style="font-size: large; text-align: justify;"><br /></div></span>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-9273327532941929072021-01-02T06:47:00.001-08:002021-01-02T06:47:18.361-08:00CESSATI SPIRITI ALMANACK_21<p></p><span style="font-family: georgia;"><br /><br />C’è il condensato pesante del tempo, nelle strade romane. Pesante e vertiginoso. <i>Zoccolette, Grotta Perfetta, Babuino, Cessati Spiriti. </i><br /><br /> Chi si inventò i<i> Cessati Spiriti</i>? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che i frequentatori di un’osteria del posto, sull’Appia Nuova, al limite della campagna, all’uscita lamentavano spesso scomparsa di beni (cavalli e carretti); altro non riuscendo a scorgere che un lieve muoversi di canneti. Ladroni lesti? O spiriti? <br />Vedere, non vedere, l’esorcismo ci stava: fu fatta qualche processione (pare) e apposta edicoletta con la madonna sulla facciata (fine '800). Furti finiti. L’Osteria riprese i suoi affari e il posto prese quel nome, <i>Cessati Spiriti</i>. Insomma, porchetta e vino sfuso senza paura; e pancia piena, e testa imbalordita quanto basta. <br /><br /> Ci venne pure il Conte Tacchia, una volta, a inizio ‘900 (ricordate Montesano?), per un banchetto elettorale: ambiva a sedile di deputato. Nientedimeno. Trombato. <br /></span><div><br /></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><img border="0" data-original-height="453" data-original-width="349" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYBZRh3oJ2WUupwFvEkHqn8zZvsejnkrtJTXkSRRtaKN69kXETmvzEeBFFPVyBNZCxrKJjRvximq20agLwWJfWIdRdd2bYwqv9tRusGY_AT3krgvunJYq6jHvw1PqGNrX2Rkr1z1BtfKE/w309-h400/download.gif" width="309" /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="font-family: georgia;">Chi se li inventò i cessati spiriti? Un prete, un pedagogo, un segretario? L’oste? </span><br style="font-family: georgia;" /><span style="font-family: georgia;">In epoca più vicina, il Marcello nazionale vi accompagna una prostituta, nella <i>Dolce Vita</i>. Posto di <i>mignotte</i>? Yess. E de <i>magnaccia</i>. Lo stesso Marcello che l’anno dopo ritroviamo fantasma sui tetti di Roma, con scarpini, cerone bianco e cameo al collo, nel film di Pietrangeli (1961). </span><br style="font-family: georgia;" /><span style="font-family: georgia;">Cosa porteranno i Cessati Spiriti? Pezzi sparsi di mondo: cinema, filosofia, letteratura, scienza e barzellette. Tutto amalgamato da un unico sentimento: quando qualcuno vi racconta che son gli Spiriti a far sparire i carretti, <i>voi nun j' avete da crede</i>. </span><br style="font-family: georgia;" /></div><p></p></div>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-3038119520665911502020-12-25T05:45:00.003-08:002021-01-02T02:37:19.343-08:00Gennaro, Maradona e Pelè<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhekVf3arZMAgIF-SGHtReaAlf5hZX6Ht4-QiShzMnhZjrbmt-huGs3euNpMEABcs3AC370ET_RuRiQAAtyp-_ph0cfCM8wYKuPZwUfbyWJLoxI7PgYpwnzFDM692ZeP92UQd-cNDKAsLQ/s1080/insegna.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="608" data-original-width="1080" height="256" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhekVf3arZMAgIF-SGHtReaAlf5hZX6Ht4-QiShzMnhZjrbmt-huGs3euNpMEABcs3AC370ET_RuRiQAAtyp-_ph0cfCM8wYKuPZwUfbyWJLoxI7PgYpwnzFDM692ZeP92UQd-cNDKAsLQ/w455-h256/insegna.jpg" width="455" /></a></div><br /> <p></p><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;">Mentre, al Bar dello sport, un gommista in pausa caffè asserisce che tra qualche anno si scoprirà che “il covid è stata la truffa del secolo”, e un <i>oreri </i>(perdigiorno) diplomato afferma che lui il vaccino non lo farà “perché siamo in Democrazia”, è ormai chiaro il metodo per classificare gli <i>humani </i>sui marciapiedi del 2020: 1) <i>a mascherina alzata</i>; 2) <i>a mascherina abbassata</i>. 3) <i>senza mascherina</i> (pochi, ma ci sono). I secondi scomponibili in, A ) <i>a mascherina abbassata sotto naso</i>; B) <i>a mascherina abbassata sotto mento</i>. Per amore di precisione, segnaleremo anche una variante: gli <i>a mascherina abbassata sotto mento e sigarettedda in bucca</i>. Troppo fighi. <br /><br />Mentre tutto questo <i>se passe dans les trottoirs</i>, la terra (sferica, forse) continua a girare sul suo asse trascinando nel girotondo, a 1667 km/h (scusate la pedanteria), circa sette miliardi e settecento milioni (scusate l'approssimazione) di quadrumani in stazione eretta, pensanti (più o meno), quasi tutti con smartphone. Mammiferi di taglia media cui è cresciuto troppo il cervello. <br /><br />Oltreché per il carogna-virus, questo 2020 verrà ricordato per un'altra cosa: i prodotti <i>humani </i>hanno superato la bio-massa; significa che grattacieli, automobili, vasi di plastica, scarpe, computer, TV, WC e tutto il resto, pesano di più di tutti gli animali e i vegetali messi insieme. Fantastico! Il pianeta (la superficie) è più artificiale che naturale. Ne abbiamo fatta di strada. <br /><br />In effetti, se ci guardiamo attorno, abbiamo tutta l'aria di un'anomalia: se ci sono altri posti come il nostro, nell'universo, sono rari. Ha scritto un tizio - che s'è visto poco e niente al Bar dello sport - tal Steven Weinberg, </span><div><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;">"Osservando la natura, nel passato, l'impressione di essere dinanzi ad un progetto doveva essere enorme. La Terra è un luogo così confortevole e piacevole, e tutte le cose funzionano così bene. Tuttavia, a mano a mano che apprendiamo più cose sull'universo, esso non sembra più un luogo così amichevole, e noi risultiamo essere i vincitori in una lotteria cosmica”. </span></div><div><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;"><br />“Poco amichevole...”, “lotteria cosmica...”, brutti pensieri assai, <i>lasciamo a perdere</i>. 'Sti cervelloni, poi, son fatti apposta per mettere malumore. <br /><br />A Natale “vorremmo sciare” ma, disgrazia maledetta-fottuta-venuta dall'oriente, non potremo; “vorremmo strafogare in compagnia e sbevazzare quanto basta e di più”; ma non ci è dato; il Conte vietò; 70mila ne ha messi nella strada, di guardiani; <i>e so sordi! Mica che no! </i><br /><br />Certo il cenone ci mancherà. Molto; anzi <i>assai</i>. La bella lasagna, la cotica con lenticchie, gli spiedini; e arance, noccioline, spumantini, panettone e dolci; e chiacchiere, e dispute calorose: “chi era più forte Maradona o Pelè?” “Nessuno dei due, per me Gigggi Riva!”. “Chi capisce di più, Galli o Zangrillo?” “Nessuno dei due, per me la Capua!”. “Anche Sgarbi, però, buttalo via...”. </span></div><div><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;">I botti, quelli sono consentiti; <i>pagu genti, bona festa</i>; faremo a gara a fare casino con quelli del palazzo di fronte. Una volta a Napoli s'erano inventati il superbotto, <i>'o pallone 'e Maradona</i>, tre chili di polvere pirica, una roba esagerata. Proibitissimo, mi pare; pericoloso per le dita. Ma Diego e il <i>proibito </i>-si sa- “stanno così”. <br /><br />Sì, ci dispiacerà davvero; quel chiasso ce l'abbiamo nel sangue; roba di visceri; profonda; sedimento millenario; anarchici a casa nostra, autoritari col vicino di casa; <i>semo mica fiji de nessuno</i>. Però <i>nun v'azzardate nuovamente</i>; mai più senza cenone! <br /><br /></span></div><div><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;">A proposito di sangue: quest'anno, in Cattedrale, San Gennaro fece il prezioso. Grande apprensione nel popolo, tentativi ripetuti, nulla da fare, non s'è sciolto. In compenso lo scioglimento del polo nord sembra ormai cosa fatta. <i>Ce stamo a consolà</i>. <br />E poi a tutto c'è una spiegazione; Gennaro è giustamente offeso: troppo clamore, troppa pazzia per Diego, e troppa gente, piccoli e anziani, a ripetere per vicoli e bassi, sino allo sfinimento, la famosa rima blasfema: <br /><br /><i>San Genna', non ti crucciare/ tu lo sai, ti voglio bene /ma 'na finta 'e Maradona/ squaglie 'o sang rint' 'e vene! </i><br /><br />Ma se pò campà accussì?</span></div><div><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;"><br /></span></div><div><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;"><br /></span></div><div><span style="font-family: helvetica; font-size: medium;"> Gigi Monello</span></div>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-47673011838622146482020-11-19T13:51:00.001-08:002020-11-19T15:59:11.529-08:00Satana, trash-dance e gravitoni<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3Mhz4wuPEhyphenhyphenqtzlfEAb8ldGWzggK-7-RQbcuZcbWo-LV1IAuCbgPvIUysTW0ZKQ6mjWLHrGjGx84uETuAjRKzjIE4Xp2qMZYDKTkgHkoddTB4v1cfM2AQKIRjgzo6Hve_q5MmNLOLCCA/s225/images.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="225" data-original-width="225" height="302" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3Mhz4wuPEhyphenhyphenqtzlfEAb8ldGWzggK-7-RQbcuZcbWo-LV1IAuCbgPvIUysTW0ZKQ6mjWLHrGjGx84uETuAjRKzjIE4Xp2qMZYDKTkgHkoddTB4v1cfM2AQKIRjgzo6Hve_q5MmNLOLCCA/w302-h302/images.jpg" width="302" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><span style="font-family: arial; font-size: medium;">Mentre, attorniata da tipacci tatuati, Angela da Mondello scuote la pelvi in una tecno-tribal-trash-dance, assicurando - dita sotto il mento - che “Non ce n' è”, Padre Livio da Radio Maria “flauta” dai microfoni che “C’è, ma è un progetto”. L'epidemia si intende. I pipistrelli non c'entrano; tutte frottole; è Satana a comandare la faccenda. <br /><br />Al risuonare della parola “progetto”, ammetto di avere un riflesso condizionato: i tanti anni passati nella scuola dell'<i>Autonomia</i> me l'hanno resa sospetta. Eccomi dunque di fronte, dopo lunga esperienza di “epidemia del progetto”, al “progetto dell'epidemia”. Giochi del destino. <br /><br />Che hanno in comune Angela e Padre Livio? Suppongo la disponibilità al pensiero magico; l'interpretazione che tende a stabilire nessi di causa-effetto tra cose materiali, senza darsi la pena di indicare un “mediatore fisico”. Struttura tipica della mentalità medievale. La civetta, tre notti fa, da un albero vicino al nostro tetto, ha cantato tre volte; segnale di sciagura. Ecco spiegata la febbre maligna che ha preso oggi la Sora Checca; e il suo probabile, prossimo <i>schiattamento</i>. Una cometa è comparsa in cielo, un mese fa: naturale, quindi, che da città lontane giungano notizie di bubboni, lesioni e putrefazioni. Governando gli Astri, Dio ci punisce. Preghiamo, dunque, ed espiamo; chè, forse, se va bene, la <i>scapoliamo</i>. Il pensiero magico non descrive, “vede” essenze dietro le cose; e predispone antidoti, scongiuri, esorcismi ed anti-spavento. Che è, poi, il segreto della sua longevità. Ma di mediatori fisici, non cura. Il medesimo uomo può pensare che il serpente avveleni mediante un liquido, e che il canto della civetta faccia ammalare senza contatto. <br /><br />Ma se la magia accomuna Angela e Padre Livio, che cos'è che li fa diversi? Potremmo dire che la visione occultista della pelvico-schiamazzante (non ce n'è! non ce n'è! non ce n'è!) è di tipo negazionista-complottista-opportunista (il covìddi non è così diverso dall' influenza, solo che i potenti ne approfittano per diffondere il panico; negarci pizze, movide e discoteche, e ridurci in catene). Più avvezzo alle sale-lettura dei Seminari, il “flautante” Livio inclina, invece, verso un complottismo integralista-trascendente (l'infezione perniciosa non è natura, ma artifizio di menti criminali superdirette). <br /><br />Ora, è qui che abbiamo il problema: tra fiamma che arde e acqua che bolle, c’è pentola che scotta; tra Conte dittatore sanitario e migliaia di medici di pronto soccorso che ricoverano malati con sintomi di polmonite, nulla è dato di trovare in mezzo; come nulla è dato trovare tra Satana e il Conte medesimo (sino a poco fa avvocato civilista); cioè le famose menti criminali – maligno-serventi - cui obbedirebbe. <br /><br />A questo punto, si potrebbe pensare di risolvere la faccenda con il <i>metodo Buzz Aldrin</i>, il signore che dopo essersi fatto un culo così per andare sulla Luna, per decenni inseguito da squilibrato con Bibbia in mano, sfidante a “giurare mano sul Libro” di esserci veramente andato, non potendone più, all'ennesimo incontro tirò pugno sul naso del pazzo. Ma sarebbe un pessimo esempio. Da escludere. Oppure rifarci al notissimo aforisma di Oscar Wilde sulla vanità del parlare con gli idioti, invariabilmente capaci di “trascinarti sul loro piano e batterti con l'esperienza". Ma, a ben rifletterci, neppure questo sarebbe carino. Accantoniamo l'idea. Ci limiteremo, perciò, a presentare una modesta richiesta: Angela, Padre, voi che i nomi li sapete, fatecene uno; uno che sia uno; e ci accontenteremo. <br /><br />Certo, gran bella questione, questa dei mediatori fisici. Pensate un po’ che sta al centro delle fisica contemporanea. Da quando Newton si “inventò” la forza di gravità è tutto un secolare scervellarsi su come sia possibile un' “azione a distanza”. Come fa il Sole ad attrarre Giove se in mezzo c’è il vuoto? Einstein, si sa, sparigliò alla grande: piantatela di cercare “forze”, è lo stesso spazio che si incurva per effetto della massa; ma non tutti rimasero soddisfatti, si incurva? e come? per incantesimo? Ci vuole il mediatore, una particella/onda, il “gravitone”. Stanno ancora cercandolo. <br /><br /><i>'Na roba imbrogliata assai</i>, materia oscura, cosa da tempie tirate. Nel frattempo il video-clip di Angela ha raggiunto la bellezza di 1.622.491 visualizzazioni. Certo, moltissimi avranno aperto solo perché “attratti”; il Trash, se estremo, attira quanto un buco nero. Esilaranti i commenti: si va dal colpo di clava di, “A deficiente fracica”, al colpo di fioretto di, “Ti ringrazio, ero paralizzato a letto dalla nascita, ma sentendo il tuo video ho trovato la forza di alzarmi per cambiare canzone”. <br /><br />Ma il mondo è di tutti. Come la spiaggia. E nel pazzo frullato <i>internettiano </i>dove tutto si mescola con tutto, ci piace immaginare il giorno in cui all' <i>Influencer</i> di Mondello verrà posta, sulla sabbia, fatale domanda circa i gravitoni. <br />Cosa risponderà? </span><span style="font-family: arial; font-size: medium;">Provate a indovinare.</span><div><p></p></div><div><span style="font-family: arial; font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"> </span><span style="font-family: arial; font-size: large; text-align: right;"> </span><span style="font-family: arial; text-align: right;">Gigi Monello</span><span style="font-family: arial; font-size: large;"> </span></div>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-60868034047335515162020-05-18T07:08:00.002-07:002020-05-18T15:05:43.805-07:00Reincarnazioni e fuga di una docente skazzata<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilCxQ2SF0DT9YUSlao0z7UCBNV_99abqjPsyGpL50h01mXgs_d0oPXtzvnHjvcV0Bx9CXD2NKMPIf4hXc_oOhdPH87lQtSKGyLVSMJKG7hdWc_HnpDTL1OSLxmXvwux44l_hTGJ4KixTI/s1600/lo+zen+-+copertina.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1108" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilCxQ2SF0DT9YUSlao0z7UCBNV_99abqjPsyGpL50h01mXgs_d0oPXtzvnHjvcV0Bx9CXD2NKMPIf4hXc_oOhdPH87lQtSKGyLVSMJKG7hdWc_HnpDTL1OSLxmXvwux44l_hTGJ4KixTI/s320/lo+zen+-+copertina.jpg" width="221" /></a></div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<span style="font-family: "arial" , serif;">Diviso
in brevi capitoletti dai titoli eloquenti, questo prezioso libro
tratta in forma narrativa degli ‘effetti indesiderati’ che
l’insegnamento produce nella vita di chi la scuola la vive da
dietro la cattedra e assiste impotente allo svilimento progressivo
del nostro Bene Rifugio più importante.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<span style="font-family: "arial" , serif;">Alla ricerca di un’esistenza fuori dal
copione, una prof con la ‘testa sulle spalle’ lascia il cielo di
Lombardia, “così bello quando è bello” (ma quando è bello?),
per trasferire il suo privatissimo <i>Genius </i>in un altrove fatto di 50
metri di casa popolare, un’amaca sotto una pergola, un piccolo
prato su cui camminare a piedi nudi e due rose da coltivare; il tutto
in prossimità di un lago vulcanico. </span>
</div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
‘<span style="font-family: "arial" , serif;">Un
piccolo sogno non esaudito è arsenico puro in tutte le pieghe
dell’universo’- sentenzia -; l’antidoto? Latte e miele versato
sull’altare di Artemide. Così la docente, convinta com’è che a
50 anni si debbano fare i conti con la vita e con la morte, mentre
quella strega di Atropo prende le misure del suo filo… decreta sia
giunto il momento di una ‘reincarnazione accidentale di percorso’
e di evaporare in un altro <i>dove</i>… </span>
</div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<span style="font-family: "arial" , serif;">Con
gli occhi disincantati di chi nella scuola ha assistito e vissuto di
tutto, la nostra </span><span style="font-family: "arial" , serif;"><i>ricercatrice-di-un-senso</i></span><span style="font-family: "arial" , serif;"> racconta con estrema
lucidità, ma anche con disinvolta ironia, il gioco perverso che
stritola senza scampo i docenti, quando essi non siano in grado di
uscire dai suoi ingranaggi avviluppanti, che ammorbano anima e corpo. </span></div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<span style="font-family: "arial" , serif;">Skazzati o depressi…a ciascuno la scelta! A colloquiare e a
raccogliere le confessioni-confidenze dell’io narrante è
nientemeno che il grande Socrate, il Maestro per eccellenza, il
vecchio Sileno, chiamato in causa con un gustoso dialogo fatto di
botta e risposta. La materia è pesante, ma lo scandaglio affonda: ed
ecco emergere generazioni di giovani tra pareti scrostate, muri
ammuffiti e servizi mal funzionanti, giovani sempre meno attrezzati
per diventare adulti e sostituire i vecchi; colleghi dagli sguardi
muti o imploranti, che salutano ‘se stessi’ prima di entrare in
rotta di collisione con orde di alunni petulanti. Come in un girone
dantesco scorre e si perpetua, inesorabilmente, una vita scolastica priva di slanci e bellezza. <br />D’altronde come potrebbe essere
altrimenti? Manipolata a dovere da sofisticati meccanismi economici,
politici e culturali, la massa interpreta genialmente un copione, </span><span style="font-family: "arial" , serif;"><i>che
neanche Euripide ci sarebbe mai arrivato</i></span><span style="font-family: "arial" , serif;">,…cucitole
addosso in modo esemplare. Risultato: chi interpreta, ignora di farlo
e sguazza nella sua parte, convinto, perché così gli viene fatto
credere, di esserne fuori, di agire autonomamente, di poter scegliere
e decidere della e sulla propria esistenza. C’è di che discutere
ovviamente…</span></div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<span style="font-family: "arial" , serif;">Resta
lo sguardo attento e distante dell’insegnante, capace di
sopravvivere nella scuola di (questa) massa, tenendosi ben aggrappata
alla bellezza di Rilke, degli asfodeli e di pini secolari. Salvifico
in tempi di Dad!</span></div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<span style="font-family: "arial" , serif;"><br />Paola Murru</span><br />
<span style="font-family: "arial" , serif;">Liceo <i>Motzo,</i> Quartu S'Elena</span><br />
<span style="font-family: "arial" , serif;"><br /></span>
<br />
<br />
<b>LO ZEN E L'ARTE DI SOPRAVVIVERE </b><b>NELLA SCUOLA DI (QUESTA) MASSA</b></div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<i>ovvero tutto quello che avreste voluto sapere sui <br />docenti skazzati ma che nessuno ha mai <br />avuto il coraggio di dirvi</i></div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
autore: Maria Castronovo<br />
euro 6<br />
pp. 48<br />
ISBN 978-88-902371-9-5</div>
<div class="western" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<span style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">Scepsi & Mattana Editori</span></div>
<br />gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-64013438804295175782019-09-02T11:11:00.000-07:002019-09-02T11:12:12.197-07:00Boldretti & Fumetti<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgICTutOSGrv-f6cRl54-iGfMzEvlRfqjnSd0gC6SHUquIEzqxvhIkD8JYo2m6QYtRYOxjHnZgAkMrg2PLNzwVW3csWapSKkml6yu2Wg7ZDIi3ueNEBcB0TNLf-194s5B6eykIlv2dPPoM/s1600/eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="388" data-original-width="600" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgICTutOSGrv-f6cRl54-iGfMzEvlRfqjnSd0gC6SHUquIEzqxvhIkD8JYo2m6QYtRYOxjHnZgAkMrg2PLNzwVW3csWapSKkml6yu2Wg7ZDIi3ueNEBcB0TNLf-194s5B6eykIlv2dPPoM/s1600/eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.jpg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<b>Se il tono è quello beffardo annunciato e mantenuto nel decorso dell’intera opera, il taglio è quello dell’inchiesta giornalistica, condotta con rigore scientifico, documenti alla mano; un report dettagliato sulle conseguenze delle riforme prodotte da consessi di pseudo-esperti all’interno della scuola nell’ultimo ventennio. Il lavoro solleva la cortina di fumo che soffoca il nostro sistema educativo; denuncia e critica, senza riserve, lo sfascio e le connivenze prodotte al suo interno, con risultati che ostinatamente vogliamo continuare a ignorare. Gli avventori dei tanti ‘bar dello sport’, che popolano città e periferie, sono metafora di un paese, dove non sarà più sufficiente cambiar ‘li statuti rei’ per modificarne la rotta. L’analisi - l’autore non è nuovo a tali indagini - evidenzia con superiore studio i meccanismi e le dinamiche che sottendono agli insani comportamenti dei dirigenti addestrati a far quadrare numeri umani e bilanci fiscali ; il clima di sudditanza in cui sono costretti ad operare i docenti incapaci di reagire con forza e unità alle criptiche disposizioni ministeriali, che si accavallano con frequenza imbarazzante; il gioco della banda dei Boldretti che con i loro stili <i>pret-à-porter</i> sfilano e all’occorrenza si defilano; l’epidemia di cecità che ha colpito le famiglie noncuranti delle nudità dei propri figli. Un libro in cui non si salva nessuno; una messa alla sbarra che parte dai ‘nomi’ per arrivare agli uomini. Colpevoli tutti, con sentenza passata in giudicato.</b><br />
<div>
<b><br /></b></div>
<div>
<b>Paola Murru</b></div>
<div>
<b><span style="font-size: x-small;">Liceo "Motzo", Quartu Sant'Elena</span></b></div>
gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-70542381400178008322019-08-21T05:17:00.001-07:002019-08-21T05:40:23.206-07:00lettera all'autore<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDXBfCNEOKIioYv1pnTaFSferpAqITGlQS9O4OVJ3G3QDBpQsET8WjLLz6U6Lz6hWwpqjf8H1xVdKoOx3v57uLNYj6d7aiXDFSl2xIvMlJ6RgngHMzUzs-5EsS-ueVqmK0mdj1V686-jM/s1600/images.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="173" data-original-width="291" height="237" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDXBfCNEOKIioYv1pnTaFSferpAqITGlQS9O4OVJ3G3QDBpQsET8WjLLz6U6Lz6hWwpqjf8H1xVdKoOx3v57uLNYj6d7aiXDFSl2xIvMlJ6RgngHMzUzs-5EsS-ueVqmK0mdj1V686-jM/s400/images.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "arial narrow"; font-size: 14.0pt;"><br /></span></i></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "arial narrow"; font-size: 14.0pt;"><br /></span></i></b></div>
<br />
<br />
Quando sento la parola “pedagogista” metto mano alla pistola<br />
(A. Bertozzi)<br />
<br />
A lavà il cjaf al mus si bute vie la aghe e si infastidis le bestie.<br />
"Se si lava la testa all'asino si spreca l'acqua e si rischia di infastidire l'animale". <br />
(Proverbio friulano)<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;">Carissimo, <o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;"><i>lupus in fabula</i>, proprio venerdì sera sono finalmente
riuscito a procurarmi il tuo aureo libretto (per dimensioni e non certo per
contenuti). L’ho letto (e credo che lo rileggerò), che dire … oltre al fatto
che è esilarante e deprimente insieme, come già ti dissi concordo parola per parola.
Sono del ’54, ma insegno solo dal 2004 (prima ho fatto vari mestieri totalmente
differenti e forse questo mi ha vaccinato contro una certa autoreferenzialità
un po’ diffusa tra i colleghi) e una parte della “storia” che racconti non l’ho
vissuta in presa diretta, cionondimeno il quadro che ne vien fuori è
chiarissimo, siamo ormai passati da produttori (homo faber) a meri consumatori
(homo rincoglionitus) e la scuola deve adeguarsi. Credo che la 107 abbia dato
il colpo di grazia a un corpaccione ormai in fin di vita. Sono pessimista non
vedo soluzione nel breve o medio periodo, quanto al lungo beh … facciamo gli
scongiuri (mi pare ne parlasse Keynes).<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;"><br />
Ho visto la rassegna stampa, fa piacere che ci sia in giro ancora un po’ di
buon senso, qualcuno che si rende conto dello sfascio irrimediabile, ma sono,
siamo, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">vox clamantis in deserto</i>, la
scuola non è una priorità per nessuno, compreso Presidi e colleghi. Tra i
colleghi in particolare, molti hanno aderito alla nuova religione (pochi per
convinzione, molti per convenienza) e gli altri si possono declinare tra il
quieto vivere, il menefreghismo, il fancazzismo, la rassegnazione,
l’acquiescenza, la pavidità, il tirare a campare (che è sempre meglio che
tirare le cuoia, si sa, ma francamente questo pseudo cinismo cialtrone ormai mi
ha stufato). Come dici tu si tratta di misticismo, di religione nella sua
versione peggiore: dogmatica, autoritaria, priva di umorismo e intollerante
verso qualsiasi critica. Anni fa un prete mi disse: la fede non si dimostra né
tanto meno si impone, si può solo testimoniare, ecco… in bocca a un prete ho
apprezzato la frase, mi sembrò segno di onestà intellettuale, ma stavamo
parlando di altro e tra l’altro di qualcosa che viene da una tradizione
millenaria, mica di scuola e didattica. <o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;">Siccome non mi piace parlare, e soprattutto pensare, a
vanvera, mi son fatto regalare da Renzi il libro della Fondazione Agnelli che
rappresenta lo “stato dell’arte” in Italia sulla faccenda delle competenze.
Errori concettuali e logici, confusioni storiche ed epistemologiche,
approssimazione, fuffa, una delle cose più desolanti che abbia mai letto. La
questione è totalmente, inesorabilmente, irrimediabilmente insensata. Alla
stessa conclusione arriva Carosotti (che tra l’altro non so bene chi sia) in un
bel pezzo su ROARS che ti allego nel caso ti sia sfuggito.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;">Un’ultima considerazione sull’ Indire, come ti ho già detto
ho cominciato ad insegnare che ero già piuttosto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">âgée</i> e sono entrato in ruolo (dopo un percorso logisticamente
parecchio travagliato) con la famigerata 107, e ho quindi dovuto fare il nuovo
anno di prova e formazione. Una cosa ridicola e insieme inquietante, un vero e
proprio indottrinamento per i colleghi (pochi) giovani in puro stile Stato
Etico, e una imposizione di sottomissione e autocritica nei confronti di quelli
più anziani in stile purga staliniana. Io ho cercato di mettere un po’ di
sabbia negli ingranaggi e ho risposto e trattato le varie questioni con ironia
rimandandole al mittente, e sotto ti allego un esempio<a href="file:///C:/Users/Gigi/Documents/BERTOzz/Per%20Gigi%20Monello.docx#_ftn1" name="_ftnref1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;">[1]</span></b></span><!--[endif]--></span></span></a>,
<a href="https://www.blogger.com/u/1/null" name="_GoBack"></a>per puro sfizio e anche perché non mi andava proprio di
umiliarmi scrivendo e facendo quel che Loro si aspettavano. Ho fatto leggere a
mio figlio, in corso d’opera, alcuni dei miei scritti e relazioni, e lui si è preoccupato
parecchio dicendomi, “non ti fanno superare l’anno di prova”. L’ho rassicurato,
nessuno leggerà mai un bel nulla e dovesse proprio andare male ci sarà un
Giudice a Berlino.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;">Il bel libricino di Frankfurt ha un posto d’onore nella mia
libreria.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;">Scusami se ho concionato un pochino ma trovare un
interlocutore valido su questi temi è piuttosto difficile<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;">Cordialmente<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Buone
Vacanze (con la maiuscola)<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman"; font-size: 14.0pt;">Angelo<o:p></o:p></span></b><br />
<br />
<span style="font-family: times new roman;"><b>(Angelo Bertozzi - Liceo <i>Motzo</i> - Quartu Sant'Elena)</b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div style="mso-element: footnote-list;">
<!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<br />
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-layout-grid-align: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<a href="file:///C:/Users/Gigi/Documents/BERTOzz/Per%20Gigi%20Monello.docx#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "calibri"; font-size: 11.0pt; line-height: 107%;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> [Contribuire al superamento di pregiudizi e discriminazioni di natura sociale, culturale o religiosa]<br />
<br />
Rilevo purtroppo, con rincrescimento, che nella scuola statale italiana esiste una discriminazione di tipo religioso. La cosa ha un fondamento storico che richiederebbe una disamina lunga ed accurata ma in sintesi: 1870 questione romana, 1929 Concordato (Mussolini), 1948 assorbimento del Concordato nella Costituzione repubblicana (Togliatti), 1984 revisione e conferma del Concordato (Craxi). (E’ interessante notare come i tre politici artefici del Concordato fossero tutti atei, fa riflettere sui problemi cui può portare il cinismo istituzionale perseguito nel nome della realpolitik). Nelle scuole statali italiane oggi (2016) vi è un evidente discriminazione nei confronti degli alunni e dei docenti non cattolici. Agli alunni di religione cattolica viene offerto un insegnamento confessionale a quelli di altre religioni no. (E’ appena il caso di ricordare che nel curricolo scolastico vi è la dizione RC che significa ovviamente, non insegnamento di storia delle religioni, religioni comparate, storia delle idee religiose, e nemmeno di religione cristiana, ma precisamente ed esclusivamente di religione cattolica, questo a prescindere da ciò che effettivamente fanno, o non fanno, i colleghi di religione). Si tratta quindi né più né meno che di catechismo e questo è chiarissimo a fronte della simmetrica discriminazione nei confronti dei docenti non cattolici. Io nonostante i miei titoli e le mie conoscenze (che in materia di religioni sono non disprezzabili) non posso in nessun modo insegnare religione nelle scuole statali in quanto agnostico e divorziato. Si assiste pertanto a questo curioso (e a mio modo di vedere incostituzionale) paradosso, una scuola statale di uno stato liberal-democratico in cui vige una Costituzione che proclama principi di pluralismo e tolleranza, nella quale insegna una pattuglia di catechisti nominati da un ente di diritto privato e pagati naturalmente da tutti i contribuenti. Osservo con amarezza, che a nessuno sembra ne freghi un accidente.</div>
<br />
<br />
<br />
<br /></div>
</div>
gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-1172125955915135012019-08-18T11:26:00.000-07:002019-08-26T07:03:48.421-07:00Scuola & Fuffa<br />
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #ff3333;"><span style="font-family: "arial unicode ms" , sans-serif;"><span style="font-size: x-large;"><b><span style="font-size: 40pt;"><i>La
fabbrica della fuffa</i></span> </b></span></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #ff3333;"><span style="font-family: "arial unicode ms" , sans-serif;"><span style="font-size: x-large;"><b><span style="font-size: 40pt;"><i><br /></i></span></b></span></span></span></div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><b>Il
sottotitolo è “Lessico fuori dai denti di insegnante a fine
carriera”; ma poteva anche essere, “tutto quello che avreste
voluto sapere sulla scuola pubblica italiana e che nessuno vi ha mai
detto”. Per lo meno, non in modo così schietto, secco, caustico,
completo. Ciò che domina è la sferza, sempre però sposata alla
ironica resa all’ineluttabile trionfo della pazzia. </b></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><b>Pagina
101: un giorno qualsiasi in un’ aula qualsiasi di una scuola
qualsiasi: gentil liceale femmina alle prese con il brutto affare di
una interrogazione di scienze: sa poco e niente. Che fare? C’è la
tecnologia, caspita. Scambio di sguardi e sussurri con l’amica là
a due passi. Che capisce ed esegue: parte l’ SOS via etere; dopo
una decina di minuti bussa la bidella: la <i>principessina</i> in
pericolo di traumatico brutto voto “deve uscire perché sta male:
c’è fuori la mamma in attesa”. La turbo-tele-mamma. La
professoressa stranisce ma non perde l’autocontrollo: la ragazza
uscirà, è ovvio; ma al termine della verifica. </b></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><b>È
uno dei tredici casi di fenomenologia dello sfacelo raccontati da
Gigi Monello in un libro dal titolo che proprio non la manda a dire,
“La fuffoscuola”. Organizzato in chiave di Glossario (si va dalla
A di “autonomia” alla Z di “zittire”, passando per la C di
“competenze”, la D di “dirigente”, la I di inclusione, la L
di legge 107, la P di “progetto”, la T di “tempo buttato” e
via dicendo) e scritto con uno stile scabro e incalzante, il libello
(tascabile, 128 pp., 6 euro, lettura da spiaggia, edito da una
piccolissima casa editrice cagliaritana) è una gustosa piccola
enciclopedia portatile dell'ormai stranoto sfascio della scuola della
Repubblica. </b></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><b>La
tesi dell’autore è chiara e tonda: non è questione di applicare
meglio, integrare, rifinire, aggiustare. No: è proprio l’dea di
base della scuola di questi decenni, la famosa Autonomia, ad essersi
rivelata una solenne cantonata; idea, per altro, rimasta intatta pur
nel frenetico riformare e controriformare della caterva di ministri
tanto sinistri che destri. </b></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><b>Una
volta annullato l’obbligo di iscriversi a quella più vicina e
creato un libero mercato di potenziali clienti, ogni scuola si è
dotata di una non meglio precisata “identità” al fine di
competere con le altre captando iscrizioni a spese dei meno
attrattivi; e per captare la regola aurea è “fare cose che non
odorino di scuola”, cioè darsi all' “arricchimento dell’offerta
formativa”, cioè al “di tutto e di più”: viaggi, uscite,
teatri, concerti, cinema, conferenze, incontri, giornate a tema,
attività, open day, orientamenti, sensibilizzazioni, alternanze S/L,
progetti. Il credo indiscusso è questo: per non annoiare i pargoli
bisogna adattarsi al gusto loro e allo spirito dei tempi, cioè al
continuo circo mediatico internet-televisivo: un frullato dolciastro
dell'universo mondo, uno <i>shakerato</i> di tutto con tutto. La
mission? Piacere. Il risultato? Un massiccio spostamento di tempo ed
energia che ha fatto a brandelli l'insegnamento delle discipline e
prodotto un impressionante scadimento del livello medio di
preparazione. </b></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><b>Diagnosi
troppo severa? Ci pare proprio di no, se è vero, come è vero, che
600 docenti universitari hanno denunciato (febbraio 2017) che nelle
attuali tesi di laurea non è raro imbattersi in errori da terza
elementare e che l'impoverimento del lessico è talmente spaventoso
da scoprire gente che giunge ad ignorare il significato del vocabolo
“penultimo”. E se è vero come è vero che l'ultimo rapporto
INVALSI sull'istruzione (luglio 2019), ci informa che il 35% degli
studenti in uscita dalla scuola media non è più in grado di
comprendere il senso di un testo. </b></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><b>Un'ultima
sottolineatura da questo libretto al vetriolo: la satira contro
un altro dei grandi miti della scuola di oggi: la cosiddetta
<i>personalizzazione</i> che, adeguandosi allo stile cognitivo e alle
preferenze di apprendimento del singolo, dovrebbe portare tutti
all'inconcusso “successo formativo”; concetto assai elastico e
nebuloso, e assai suscettibile, anziché no, di venir piegato ai poco
nobili fini di un notissimo vizio nostrano: il paraculismo. </b></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><b><br /></b></span></span></div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<b style="font-family: Arial, sans-serif; font-size: 16px;"><i><br /></i></b></div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<b style="font-family: Arial, sans-serif; font-size: 16px;"><i>Don Paolino</i></b><br />
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><i>tratto da,<b> </b></i><a href="https://storiaepolitica.forumfree.it/?t=76895880#lastpost">https://storiaepolitica.forumfree.it/?t=76895880#lastpost</a></span></div>
<div>
<b style="font-family: Arial, sans-serif; font-size: 16px;"><br /></b></div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #333333;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><b>G.
Monello</b></span></span></span></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #333333;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><b>La
Fuffoscuola</b></span></span></span></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;"><span style="color: #333333;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><b>lessico
fuori dai denti di </b></span></span>
</span></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #333333;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><b>insegnante
a fine carriera</b></span></span></span></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: #333333;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><b>Scepsi
& Mattana Editori</b></span></span></span></div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;"><span style="color: #333333;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><b>ISBN
</b></span></span>
</span></div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><b><span style="color: #333333;">978-88-906775-6-4<br />
€
6</span><span style="color: navy;"> </span></b></span></span>
</div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="justify" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-83721244408514345562018-01-21T04:57:00.000-08:002018-01-21T04:57:13.550-08:00il cuore oltre l'ostacolo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlH3bTys44AaOYIyuSlThuSwJIYy2Kn-xw02klB0hvIVDUIsNiwgw3h1COCcgD4l5v7maIDh2UmCe95eMiyeT6TmbsOluFNhgrh9dtX0KBaXjwA1QRW4o5973o3hOXIWZbT1CDrAUuDzk/s1600/alterdannnnzzzz.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1131" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlH3bTys44AaOYIyuSlThuSwJIYy2Kn-xw02klB0hvIVDUIsNiwgw3h1COCcgD4l5v7maIDh2UmCe95eMiyeT6TmbsOluFNhgrh9dtX0KBaXjwA1QRW4o5973o3hOXIWZbT1CDrAUuDzk/s640/alterdannnnzzzz.jpg" width="452" /></a></div>
<br />gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-3957126406858934262017-09-19T14:29:00.001-07:002017-09-20T12:19:17.964-07:00BIBLIOPRIDE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiipah2AHNE2liR9u4_pju81kpgIGzqmSYTZ6MFAfJ8nPqYt6Krbi4moTr4jJSOYImQCCCMRHFGTWQaGWzDW9SWCKznJM8qw8BnaBdT4qJXoiLQvQdOnErEm37FukYPF1ZEHqyj_UXrgQs/s1600/a3_vett.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1139" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiipah2AHNE2liR9u4_pju81kpgIGzqmSYTZ6MFAfJ8nPqYt6Krbi4moTr4jJSOYImQCCCMRHFGTWQaGWzDW9SWCKznJM8qw8BnaBdT4qJXoiLQvQdOnErEm37FukYPF1ZEHqyj_UXrgQs/s320/a3_vett.jpg" width="227" /></a></div>
<br />
<strong><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif; font-size: x-large;">Sabato 30 pv, h.10, alla MEM, presentazione <em><span style="color: #20124d;">magazine</span></em> "<span style="color: #990000;">ARISTOTELE, dieci magnifici errori di un greco"</span> (sala della cineteca). Con un video di Tore Ximenes.</span></strong><br />
<div style="text-align: left;">
<strong><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif; font-size: x-large;"><span style="font-family: "Trebuchet MS", sans-serif;"><strong><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif; font-size: x-large;">(<strong><span style="font-family: "trebuchet ms" , sans-serif; font-size: x-large;">copia-omaggio)</span></strong></span></strong></span></span></strong></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOfZmyE5-gDwjewUNgmnwSzwQPjI-ZUQK1w2z0AlU-qjHxN0ZAmDs4JYgV6cr869csHHyGkx2vEoPZ4lzPE-_6lDymE6Wahq5fR6D7jqWqb9HFKKcb9TCh6jCZuL_IhWsICEEEKEOwP9o/s1600/copertina.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1156" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOfZmyE5-gDwjewUNgmnwSzwQPjI-ZUQK1w2z0AlU-qjHxN0ZAmDs4JYgV6cr869csHHyGkx2vEoPZ4lzPE-_6lDymE6Wahq5fR6D7jqWqb9HFKKcb9TCh6jCZuL_IhWsICEEEKEOwP9o/s400/copertina.jpg" width="287" /></a></div>
gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-52817609076024896342017-03-21T15:59:00.000-07:002017-03-21T16:20:23.470-07:00L'altro giorno in 5C<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEih5sLhl6_CHSu0v106Q_EcfgOSwBHe3oWLd_Oa_l2fByz-mS9SVr-75AFJt2mW2FNshwKGWfMqiNoAfKdTZRlkuC1O3pv0Stsy4oQvyhinJC8_yIljCH0eFqhg5qjnDz_TLnLUpI57l8c/s1600/scuola-2-670x446.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEih5sLhl6_CHSu0v106Q_EcfgOSwBHe3oWLd_Oa_l2fByz-mS9SVr-75AFJt2mW2FNshwKGWfMqiNoAfKdTZRlkuC1O3pv0Stsy4oQvyhinJC8_yIljCH0eFqhg5qjnDz_TLnLUpI57l8c/s320/scuola-2-670x446.jpg" width="320" /></a><strong>È da Berlinguer, 1997, che mi chiedo cosa sia questa famosa "Autonomia Scolastica". L'altro giorno, <em>folgorazione</em>: l'ho capito in 5C. Lezioncina di storia in programma: il 5° governo Giolitti, Giugno 1920, ultimo estremo tentativo di salvare l'Italia dal torbidume morale dell'avventuriero romagnolo. Bazzecole, quisquilie, pinzellacchere. Vinse l'avventuriero, quella volta, con le sue parole dirette all'italica pancia; perse il ragionatore, con le sue mediazioni. Capita nello stivale. Entro: 6 presenti su 14 frequentanti. Odierna distribuzione della <em>gente di mare</em>: 4 alla cittadella universitaria per partecipare alle selezioni provinciali dei (mitici) <em>High School Game</em>; 3 a dare il sangue presso la bianca Autoemoteca/Avis (cosa non si farebbe...); 1 in Polonia per la simulazione assemblea ONU (un pizzico di internazionalismo). Eccola, finalmente capita, <em>l'autonomia</em>: ognuno è autonomo, cioè si fa li k. sua. </strong><span style="color: #444444; font-family: "times";"><br /><br /><strong>gm</strong></span><br />
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<strong><span style="color: blue; font-size: large;"></span></strong><br />gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-20919676823943183562017-02-04T14:04:00.000-08:002017-02-04T14:05:31.881-08:00reprise roba vecia<div class="separator" style="clear: both; text-align: right;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjW-anhVK9m68pmXcpAb0coatvITi4-0uOtGzdsLr_POmDUmwGad-FZfAEhJ4dVWRwAnq8wIWRMzsa0p-eM_QKKWHNE5uD76p6hYxhdL4irfzcLblVg-CwCXgweliRmFxvRPiZgmRka48E/s1600/Callot_Jacques_da%252520Capricci%252520di%252520varie%252520figure_British%252520Museum.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjW-anhVK9m68pmXcpAb0coatvITi4-0uOtGzdsLr_POmDUmwGad-FZfAEhJ4dVWRwAnq8wIWRMzsa0p-eM_QKKWHNE5uD76p6hYxhdL4irfzcLblVg-CwCXgweliRmFxvRPiZgmRka48E/s320/Callot_Jacques_da%252520Capricci%252520di%252520varie%252520figure_British%252520Museum.jpg" width="320" /></a><strong><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: x-large;">CORPO 18</span></strong></div>
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Ovvero, "L'arte è un appello al quale molti rispondono senza essere stati chiamati." <br />
(Leo Longanesi)<br />
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Il congegno della serata era perfettamente oliato, il titolo di un’audacia mai vista, “Launeddas all’idrogeno”. Un’idea brillante, come sempre venuta a lui, il suo nume e mentore, il critico-amico, Euforbio. Tutto gli doveva: massime, di avergli spiegato come funziona l’arte. “Vedi – gli diceva – non illuderti: vendere quadri non conta. Conta quanto si parla di te. C’è gente di fama consolidata, invitata, citata, stracitata, che ha venduto pochissimo. Dà retta: coltiva l’ambiente”. Era saggio Euforbio; un uomo saggio e buono; che certo non si meritava di venir trascinato all’altro mondo da una cosa volgarissima come un cancro alla prostata. Una roba da tutti. Destino infame…Lui, che aveva lasciato al mondo cose immortali come, “Il manuale del pittore come uomo sociale”, il cui capitolo 7°, (“Dell’arte di convertire in bello ciò che è soltanto difficile a capirsi”), era diventato oggetto di tesi universitarie e comunicazioni tra dotti. Lui, l’ineguagliato costruttore di aforismi (“Se l’arte è menzogna, non è men vero che la menzogna è arte”). Lui, l’intellettuale forbito, ironico, luciferino, spacciato da un male che viene pure a domestici e benzinai. </div>
Ahhh…ma l’ultima idea brillante aveva pur fatto a tempo a lasciargliela, l’arma risolutiva, quella che finalmente l’avrebbe consacrato perfetto pittore della sua provincia: Launeddas all’ idrogeno, appunto. <br />
“Vedi –usava dire– l’arte è come un sistema chiuso, autoreferenziale…”. Oh! Quella parola! Così lunga e difficile, a u t o r e f e r e n z i a l e…che gusto, che suono; aveva iniziato ad usarla molto tempo prima di averne capito il senso; una parola densa, profonda, oscura al punto giusto. <br />
Intendiamoci: non sempre Euforbio parlava difficile. Anzi, talora inclinava persino al popolaresco. Notissima, e passata in leggenda, quella volta che aveva zittito una saccente e ipertricotica Accademica dell’arte, fulminandola con un “ma si vada a fare una ceretta!” E un’altra, che aveva liquidato un malcapitato che lo contraddiceva con un, “ma vada a rubare un motopicco!”. <br />
Un giorno, seduto al bar, Euforbio aveva disposto in cerchio un accendino, un tappo di sughero, un bicchiere, una sigaretta, una tazzina e qualcos’altro; poi, con diabolica lentezza, aveva cominciato, “Vedi, questo è l’artista, questo il gallerista, questo il critico, l’assessore, il giornalista…Allora, funziona così: tu inventi una mostra dal titolo bizzarro, il gallerista-amico te la ospita, l’assessore-amico te la inaugura, il critico-amico te la presenta, il giornalista-amico te la recensisce sul quotidiano locale. Il gioco è fatto. Tu leggi, ti gasi, e nove mesi dopo hai già in canna un'altra mostra. E il giro riparte. Non hai venduto neppure un quadro che sia uno?! Fa nulla. Stai in corpo 18 sul giornale. E questo basta.” <br />
Si avvicinava la data fatale e Launeddas all’idrogeno era sulla bocca di tutti: si chiacchierava, si domandava, si ipotizzava. Qualcuno – un decrepito giornalista che in gioventù le aveva suonate – gridava alla dissacrazione. Venne infine il gran giorno: il Discepolo di Euforbio si vestì secondo i precetti del maestro – che suggeriva, per queste occasioni, una “eleganza sbadata” – poi provò allo specchio 77 volte un “sorrisetto di metafisica nausea” – anch’esso raccomandato nel manuale –; quindi uscì e si incamminò. Stava pensando a quale aerea battuta fare all’ingresso in Galleria, quando sentì il piede destro orrendamente scivolargli in avanti. “Dio! – pensò sconvolto – fa che non sia quello che temo!” Mise una mano sulla cantonata e ruotò lentamente la suola verso l’alto: nessun dubbio. Rifiuto solido organico, deiezione biologica, immondo prodotto finale di digestione canina. Insomma, merda. Stramaledisse tutti i cani della città e le anziane signore che se ne dilettavano; poi, volgendosi assorto verso Monte S. Michele dove, sotto un cipresso, ne imputridivano romanticamente le ossa, mormorò, “Euforbio, amico di una vita, tutto prevedevi, Tu. Ma ti sfuggì l’escremento.”<br />
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<span style="font-family: "courier new" , "courier" , monospace; font-size: x-small;"><span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"> Gigi Monello</span></span>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-69243392822714900502016-11-25T07:11:00.002-08:002016-11-25T07:16:10.226-08:00la situazione è grave, ma non è seria<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTJHzZrUIrorCQ-Zwd3iLjlygGk-0yhuArC9vHv8JVF55DPWWYz-Xi42gkhYuDu-JC2PfuHfzkVHHxoj4Ei4dM0NFuSZWWZi3ADes-BchwiH1uAWxXkDugOAGqBf2hJ98UUuGjrx0gKvM/s1600/pagliacci.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="241" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTJHzZrUIrorCQ-Zwd3iLjlygGk-0yhuArC9vHv8JVF55DPWWYz-Xi42gkhYuDu-JC2PfuHfzkVHHxoj4Ei4dM0NFuSZWWZi3ADes-BchwiH1uAWxXkDugOAGqBf2hJ98UUuGjrx0gKvM/s320/pagliacci.jpg" width="320" /></a></div>
<strong><span style="color: #990000; font-size: x-large;">Macché alternanza: serve una scuola vera, non un lavoro finto</span></strong><br />
<strong> </strong><br />
<em><span style="font-size: large;">di Corrado Bagnoli</span> </em><br />
<em>– giovedì 22 ottobre 2015</em><br />
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<em> </em></div>
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<strong>E’ una deliziosa mattinata di maggio e come ogni mattina da settembre a giugno mi preparo a lottare contro il tempo per raggiungere la mia scuola, tra il traffico che ingorga le rotonde di questo hinterland milanese che non si sa più dove cominci e dove finisca; tra il traffico che è fatto di padri e madri che portano figli a scuola, di pullman carichi di altri figli, o ancora di figli che viaggiano, con improbabili caschi e criniere, a zigzag su motorini e scooter. Ma appena fatto qualche centinaio di metri, appena imboccata la via che porta alla prima maledetta rotonda, mi accorgo che c’è qualcosa di strano: niente fila, niente zigzag, non bisogna nemmeno fare a sportellate per immettersi in quello che di solito assomiglia più a un girone infernale che a uno stratagemma per eliminare i semafori.</strong></div>
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<strong>Dove sono? Possibile che abbia sbagliato a guardare l’ora? Possibile che oggi, mercoledì ore 07.45, ci sia uno sciopero a scuola di cui non sapevo nulla? C’è in giro qualche camion, qualche operaio, qualche professore, forse.</strong></div>
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<strong>Ma i padri e i figli? Dove si sono cacciati? E poi, ecco: l’alternanza scuolalavoro, è quella legge lì che ha svuotato le strade che portano a scuola. E ne avrà riempite altre di certo: immagino questi padri a smanettare con il navigatore, il figlio sul sedile del passeggero con le cuffie a manetta, nel cuore di entrambi una speranza nuova e segreta. Ciascuno di loro in viaggio verso un’azienda, un’officina, un ufficio, un magazzino o un negozio dove un premuroso operatore addetto alla formazione interna li attende per tutte le istruzioni del caso. Eccola lì la Samantha, terzo anno del sistema Moda (mi pare che si chiami così e vuol dire che studia quasi da perito tessile, mi sembra) eccola lì che scende dall’auto e s’avvicina alla vetrina del negozio di intimo e pigiami che ha risposto all’appello dei professori, che ha predisposto secondo la normativa vigente tutto il suo percorso formativo per questo lungo tirocinio di un mese.</strong></div>
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<strong>Un mese? E proprio nei giorni in cui si fa lezione, non per esempio dal 10 di giugno, che le lezioni sono finite e questi figli qui sono in giro a fare niente? E allora quando studierà chimica dei tessuti, la Samantha? Vuoi farmi credere che un mese a vendere calze e mutande le garantirà l’acquisizione di quelle competenze trasversali europee senza le quali non potrà mai trovare un lavoro? Eccolo lì il Kevin, quarto anno dell’istituto tecnico industriale che si prepara a salire sul camioncino della New Wave Idrotermica con il suo formatore alla guida e al cellulare che gli anticipa il giro da fare.</strong></div>
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<strong>E così ogni giorno per un mese, anche lui, ad acquisire competenze europee e a smadonnare su tubi e chiavi inglesi. E cosa ne sarà dell’Alessandro, che l’hanno strappato dalla quarta liceo classico, dai filosofi del cogito e del dubbio e l’hanno mandato in una segreteria di una scuola elementare a sistemare gli archivi?</strong></div>
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<strong>Comunque, ecco perché adesso, davanti a me, la strada è vuota e fare la rotonda è come fare un giro di valzer nel capodanno di Vienna. Un’idea straordinaria questa qui della Buona Scuola di Renzi per deviare il traffico dalle solite strade, per deviare gli studenti dal loro percorso monotono anche se a zigzag. E tutto senza oneri: riescono sempre delle magie nella scuola. Agli alunni si riesce a insegnare le stesse cose, anzi di più, con un mese di meno; agli insegnanti si riesce a convincerli a passare il tempo, da gennaio a maggio, al telefono con aziende che quando sentono che sei della scuola tal dei tali mettono giù come se avessi proposto l’acquisto di dieci lattine di olio dalla Liguria; ai genitori si riesce a far credere che, dopo le lim e l’etwinning, adesso si fa sul serio e i ragazzi mettono giudizio e imparano a faticare davvero. E’ agli imprenditori che ancora non si riesce a far credere niente, ma ci stanno pensando.</strong></div>
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<strong>Anche a me sono riusciti a mettermi di buon umore, tanto che mi viene da cantare quella vecchia canzone dell’Equipe 84: “Tutta mia la città, un deserto che conosco…”. E’ talmente deserto che viaggio con venti minuti d’anticipo e mi viene quasi voglia di andare a trovare il mio amico e collega nella sua scuola superiore, magari mi offre un caffè. Lo trovo lì, infatti, nel bar della scuola, con altri colleghi. E’ già al secondo caffè, mi dice; è dura stare qui senza alunni, mi dice. Hanno organizzato qualcosa, forse anche un torneo di calcetto, li pagano uguale, del resto (non solo loro, ma anche quelli che sono arrivati con le dotazioni aggiuntive, tutti quelli che dovevano migliorare l’offerta formativa? Sì, ma di loro bisognerà parlare in un altro momento). Ma vuoi mettere come ti passa più veloce il tempo a rimproverare le Samanthe e i Kevin e gli Alessandri? Lo lascio così, un po’ affranto e un po’ spento. Io vado via, verso la mia scuola, secondaria sì, ma di primo grado, dove l’alternanza ancora non c’è. E’ così che mi sveglio, dentro il sogno che ho fatto.</strong></div>
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<strong>E’ in realtà una deliziosa mattinata di ottobre e come ogni mattina da settembre a giugno mi preparo a lottare contro il tempo per raggiungere la mia scuola. Sono le 7.45, la strada è piena di padri e di figli, motorini a zigzag, pullman stracolmi, rotonde infernali, imprenditori felici di non doversi inventare qualcosa di strano per far credere a tutti che la Buona Scuola è incominciata davvero.</strong></div>
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<strong>Il traffico non mi piace, ma non lo cambierei mai lo stesso con il deserto di una città che manda in giro i suoi figli chissà dove e perché. Forse è il caso di ripensarci a questa alternanza, a questa finzione che non serve a nessuno, che soltanto nei sogni svuota le strade. In mezzo al traffico io canto un’altra canzone, una canzone di Dalla che racconta una Milano di fatica e mistero. Come una scuola vera, non come un lavoro finto.</strong></div>
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<a href="http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2015/10/22/SCUOLA-Macche-alternanza-serve-una-scuola-vera-non-un-lavoro-finto/648795/"><span style="color: #c0392b;">http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2015/10/22/SCUOLA-Macche-alternanza-serve-una-scuola-vera-non-un-lavoro-finto/648795/</span></a>gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2323779043578158417.post-67560316935596987662016-05-29T13:28:00.000-07:002016-05-29T13:30:51.472-07:00L’ alato paradigma<br />
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<a data-cthref="http://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjvp_LUiIDNAhWQmhQKHRLXDcQQjRwIBw&url=http%3A%2F%2Fit.123rf.com%2Fphoto_10560213_illustrazione-di-una-pala-gommata-sul-lavoro.html&psig=AFQjCNHj7wsqH90teoSIFM9Of_JtOogTsw&ust=1464638184582417" data-ved="0ahUKEwjvp_LUiIDNAhWQmhQKHRLXDcQQjRwIBw" href="http://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjvp_LUiIDNAhWQmhQKHRLXDcQQjRwIBw&url=http%3A%2F%2Fit.123rf.com%2Fphoto_10560213_illustrazione-di-una-pala-gommata-sul-lavoro.html&psig=AFQjCNHj7wsqH90teoSIFM9Of_JtOogTsw&ust=1464638184582417" id="irc_mil" jsaction="mousedown:irc.rl;keydown:irc.rlk;irc.il;" style="border-image: none; border: 0px currentColor;"><img alt="" src="http://previews.123rf.com/images/lenm/lenm1109/lenm110900014/10560213-Illustrazione-di-una-pala-gommata-sul-lavoro-Archivio-Fotografico.jpg" height="385" id="irc_mi" style="margin-top: 4px;" width="478" /></a><br />
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Fiammate di futurismo al palazzaccio di Trastevere. Desse per caso ebbrezza aver finestre sopra cupole romane? Il fatto: lo scorso Dicembre, finite le spossanti nottate della 107, il capo-segreteria tecnica della ministra, emette seguente <em>cogitativo</em>, “Stiamo facendo una follia, una lucida follia (…). Il momento per fare il cambio di paradigma è questo: ora o mai più. Non si parte mai quando si è pronti al 100%, perché altrimenti non si fa mai nulla”. Pare D’Annunzio in partenza per Vienna. È invece Luccisano, 33 anni, laurea in Scienze internazionali e diplomatiche, specialista in “innovazione”, esperienze al Ministero degli esteri, ENEL e Confindustria. Insomma, un predestinato. Sta parlando di uno dei pilastri della “buona scuola”, la cosiddetta alternanza scuola-lavoro. La macchina è pronta, indietro non si torna; i risultati arriveranno; in Campania, ad esempio, dove 13 istituti superiori - mille alunni - si apposteranno attorno all’area archeologica di Pompei: quelli dell’Agrario cureranno il verde; i liceali compileranno cataloghi digitali e assisteranno turisti.<br />
Chissà a cosa mai potrà servire ad un futuro ingegnere, avvocato o urologo, aver catalogato antichità e accompagnato turisti. Mistero. Ma son dubbi da semplicioni. Ciò che importa è <em>innovare</em>.<br />
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Con leggera nausea, vedo gente arrabattarsi per realizzare l’ennesima trovata: puntate in azienda, incontri con l’Ispettorato del lavoro, visite a musei, lezioncine di economia, scorribande su Internet, slogan e logo per “imprese simulate”, tagliandi colorati da vendere (le “azioni”); e alla fine la sfida mortale: i <em>simulatori riuniti</em> gareggeranno per stabilire chi meglio simulò. Sessantasei hanno da essere (ore), e sessantasei saranno; e ai DS dubbiosi, bacchettate sul nervo sensibile: lo stipendio.<br />
Siamo alla tragica farsa. Chi fa scuola sul serio, sa benissimo che, considerate vastità e complessità dei programmi, anche se non si facesse altro che spiegare e verificare, il tempo sempre poco sarebbe. Figurarsi ora che al ben noto carosello di extra, si aggiunge il tributo al nuovo feticcio.<br />
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Con vago raccapriccio vedo dilapidare un tempo prezioso che non tornerà più. Il tempo della costruzione del pensiero astratto, della memoria, del linguaggio. Un tempo denso, lento, conflittuale, irto di retroscena, decisivo. E osservo loro, i “beneficiati”: sono un po’ confusi, un po’ divertiti, un po’ stufi di questo continuo agitarsi per dargli novità. <br />
Al 33enne politico-tecnocrate, una preghiera: la prossima volta che cambia un paradigma, faccia il piacere, controlli bene se il nuovo che sostituisce al vecchio, non sia, per caso, il vecchissimo “facimmo ammuina”.<br />
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<span style="font-family: "Trebuchet MS", sans-serif;"><em> gm</em></span><br />
<br />gigi monellohttp://www.blogger.com/profile/07369581264798716949noreply@blogger.com0