La
fabbrica della fuffa
Il
sottotitolo è “Lessico fuori dai denti di insegnante a fine
carriera”; ma poteva anche essere, “tutto quello che avreste
voluto sapere sulla scuola pubblica italiana e che nessuno vi ha mai
detto”. Per lo meno, non in modo così schietto, secco, caustico,
completo. Ciò che domina è la sferza, sempre però sposata alla
ironica resa all’ineluttabile trionfo della pazzia.
Pagina
101: un giorno qualsiasi in un’ aula qualsiasi di una scuola
qualsiasi: gentil liceale femmina alle prese con il brutto affare di
una interrogazione di scienze: sa poco e niente. Che fare? C’è la
tecnologia, caspita. Scambio di sguardi e sussurri con l’amica là
a due passi. Che capisce ed esegue: parte l’ SOS via etere; dopo
una decina di minuti bussa la bidella: la principessina in
pericolo di traumatico brutto voto “deve uscire perché sta male:
c’è fuori la mamma in attesa”. La turbo-tele-mamma. La
professoressa stranisce ma non perde l’autocontrollo: la ragazza
uscirà, è ovvio; ma al termine della verifica.
È
uno dei tredici casi di fenomenologia dello sfacelo raccontati da
Gigi Monello in un libro dal titolo che proprio non la manda a dire,
“La fuffoscuola”. Organizzato in chiave di Glossario (si va dalla
A di “autonomia” alla Z di “zittire”, passando per la C di
“competenze”, la D di “dirigente”, la I di inclusione, la L
di legge 107, la P di “progetto”, la T di “tempo buttato” e
via dicendo) e scritto con uno stile scabro e incalzante, il libello
(tascabile, 128 pp., 6 euro, lettura da spiaggia, edito da una
piccolissima casa editrice cagliaritana) è una gustosa piccola
enciclopedia portatile dell'ormai stranoto sfascio della scuola della
Repubblica.
La
tesi dell’autore è chiara e tonda: non è questione di applicare
meglio, integrare, rifinire, aggiustare. No: è proprio l’dea di
base della scuola di questi decenni, la famosa Autonomia, ad essersi
rivelata una solenne cantonata; idea, per altro, rimasta intatta pur
nel frenetico riformare e controriformare della caterva di ministri
tanto sinistri che destri.
Una
volta annullato l’obbligo di iscriversi a quella più vicina e
creato un libero mercato di potenziali clienti, ogni scuola si è
dotata di una non meglio precisata “identità” al fine di
competere con le altre captando iscrizioni a spese dei meno
attrattivi; e per captare la regola aurea è “fare cose che non
odorino di scuola”, cioè darsi all' “arricchimento dell’offerta
formativa”, cioè al “di tutto e di più”: viaggi, uscite,
teatri, concerti, cinema, conferenze, incontri, giornate a tema,
attività, open day, orientamenti, sensibilizzazioni, alternanze S/L,
progetti. Il credo indiscusso è questo: per non annoiare i pargoli
bisogna adattarsi al gusto loro e allo spirito dei tempi, cioè al
continuo circo mediatico internet-televisivo: un frullato dolciastro
dell'universo mondo, uno shakerato di tutto con tutto. La
mission? Piacere. Il risultato? Un massiccio spostamento di tempo ed
energia che ha fatto a brandelli l'insegnamento delle discipline e
prodotto un impressionante scadimento del livello medio di
preparazione.
Diagnosi
troppo severa? Ci pare proprio di no, se è vero, come è vero, che
600 docenti universitari hanno denunciato (febbraio 2017) che nelle
attuali tesi di laurea non è raro imbattersi in errori da terza
elementare e che l'impoverimento del lessico è talmente spaventoso
da scoprire gente che giunge ad ignorare il significato del vocabolo
“penultimo”. E se è vero come è vero che l'ultimo rapporto
INVALSI sull'istruzione (luglio 2019), ci informa che il 35% degli
studenti in uscita dalla scuola media non è più in grado di
comprendere il senso di un testo.
Un'ultima
sottolineatura da questo libretto al vetriolo: la satira contro
un altro dei grandi miti della scuola di oggi: la cosiddetta
personalizzazione che, adeguandosi allo stile cognitivo e alle
preferenze di apprendimento del singolo, dovrebbe portare tutti
all'inconcusso “successo formativo”; concetto assai elastico e
nebuloso, e assai suscettibile, anziché no, di venir piegato ai poco
nobili fini di un notissimo vizio nostrano: il paraculismo.
G.
Monello
La
Fuffoscuola
lessico
fuori dai denti di
insegnante
a fine carriera
Scepsi
& Mattana Editori
ISBN
978-88-906775-6-4
€
6