mercoledì 21 agosto 2019

lettera all'autore






Quando sento la parola “pedagogista” metto mano alla pistola
(A. Bertozzi)

A lavà il cjaf al mus si bute vie la aghe e si infastidis le bestie.
"Se si lava la testa all'asino si spreca l'acqua e si rischia di infastidire l'animale".
(Proverbio friulano)


Carissimo,
lupus in fabula, proprio venerdì sera sono finalmente riuscito a procurarmi il tuo aureo libretto (per dimensioni e non certo per contenuti). L’ho letto (e credo che lo rileggerò), che dire … oltre al fatto che è esilarante e deprimente insieme, come già ti dissi concordo parola per parola. Sono del ’54, ma insegno solo dal 2004 (prima ho fatto vari mestieri totalmente differenti e forse questo mi ha vaccinato contro una certa autoreferenzialità un po’ diffusa tra i colleghi) e una parte della “storia” che racconti non l’ho vissuta in presa diretta, cionondimeno il quadro che ne vien fuori è chiarissimo, siamo ormai passati da produttori (homo faber) a meri consumatori (homo rincoglionitus) e la scuola deve adeguarsi. Credo che la 107 abbia dato il colpo di grazia a un corpaccione ormai in fin di vita. Sono pessimista non vedo soluzione nel breve o medio periodo, quanto al lungo beh … facciamo gli scongiuri (mi pare ne parlasse Keynes).

Ho visto la rassegna stampa, fa piacere che ci sia in giro ancora un po’ di buon senso, qualcuno che si rende conto dello sfascio irrimediabile, ma sono, siamo, vox clamantis in deserto, la scuola non è una priorità per nessuno, compreso Presidi e colleghi. Tra i colleghi in particolare, molti hanno aderito alla nuova religione (pochi per convinzione, molti per convenienza) e gli altri si possono declinare tra il quieto vivere, il menefreghismo, il fancazzismo, la rassegnazione, l’acquiescenza, la pavidità, il tirare a campare (che è sempre meglio che tirare le cuoia, si sa, ma francamente questo pseudo cinismo cialtrone ormai mi ha stufato). Come dici tu si tratta di misticismo, di religione nella sua versione peggiore: dogmatica, autoritaria, priva di umorismo e intollerante verso qualsiasi critica. Anni fa un prete mi disse: la fede non si dimostra né tanto meno si impone, si può solo testimoniare, ecco… in bocca a un prete ho apprezzato la frase, mi sembrò segno di onestà intellettuale, ma stavamo parlando di altro e tra l’altro di qualcosa che viene da una tradizione millenaria, mica di scuola e didattica.
Siccome non mi piace parlare, e soprattutto pensare, a vanvera, mi son fatto regalare da Renzi il libro della Fondazione Agnelli che rappresenta lo “stato dell’arte” in Italia sulla faccenda delle competenze. Errori concettuali e logici, confusioni storiche ed epistemologiche, approssimazione, fuffa, una delle cose più desolanti che abbia mai letto. La questione è totalmente, inesorabilmente, irrimediabilmente insensata. Alla stessa conclusione arriva Carosotti (che tra l’altro non so bene chi sia) in un bel pezzo su ROARS che ti allego nel caso ti sia sfuggito.
Un’ultima considerazione sull’ Indire, come ti ho già detto ho cominciato ad insegnare che ero già piuttosto âgée e sono entrato in ruolo (dopo un percorso logisticamente parecchio travagliato) con la famigerata 107, e ho quindi dovuto fare il nuovo anno di prova e formazione. Una cosa ridicola e insieme inquietante, un vero e proprio indottrinamento per i colleghi (pochi) giovani in puro stile Stato Etico, e una imposizione di sottomissione e autocritica nei confronti di quelli più anziani in stile purga staliniana. Io ho cercato di mettere un po’ di sabbia negli ingranaggi e ho risposto e trattato le varie questioni con ironia rimandandole al mittente, e sotto ti allego un esempio[1], per puro sfizio e anche perché non mi andava proprio di umiliarmi scrivendo e facendo quel che Loro si aspettavano. Ho fatto leggere a mio figlio, in corso d’opera, alcuni dei miei scritti e relazioni, e lui si è preoccupato parecchio dicendomi, “non ti fanno superare l’anno di prova”. L’ho rassicurato, nessuno leggerà mai un bel nulla e dovesse proprio andare male ci sarà un Giudice a Berlino.
Il bel libricino di Frankfurt ha un posto d’onore nella mia libreria.
Scusami se ho concionato un pochino ma trovare un interlocutore valido su questi temi è piuttosto difficile
Cordialmente   Buone Vacanze (con la maiuscola)

Angelo

(Angelo Bertozzi - Liceo Motzo - Quartu Sant'Elena)







[1] [Contribuire al superamento di pregiudizi e discriminazioni di natura sociale, culturale o religiosa]

Rilevo purtroppo, con rincrescimento, che nella scuola statale italiana esiste una discriminazione di tipo religioso. La cosa ha un fondamento storico che richiederebbe una disamina lunga ed accurata ma in sintesi: 1870 questione romana, 1929 Concordato (Mussolini), 1948 assorbimento del Concordato nella Costituzione repubblicana (Togliatti), 1984 revisione e conferma del Concordato (Craxi). (E’ interessante notare come i tre politici artefici del Concordato fossero tutti atei, fa riflettere sui problemi cui può portare il cinismo istituzionale perseguito nel nome della realpolitik). Nelle scuole statali italiane oggi (2016) vi è un evidente discriminazione nei confronti degli alunni e dei docenti non cattolici. Agli alunni di religione cattolica viene offerto un insegnamento confessionale a quelli di altre religioni no. (E’ appena il caso di ricordare che nel curricolo scolastico vi è la dizione RC che significa ovviamente, non insegnamento di storia delle religioni, religioni comparate, storia delle idee religiose, e nemmeno di religione cristiana, ma precisamente ed esclusivamente di religione cattolica, questo a prescindere da ciò che effettivamente fanno, o non fanno, i colleghi di religione). Si tratta quindi né più né meno che di catechismo e questo è chiarissimo a fronte della simmetrica discriminazione nei confronti dei docenti non cattolici. Io nonostante i miei titoli e le mie conoscenze (che in materia di religioni sono non disprezzabili) non posso in nessun modo insegnare religione nelle scuole statali in quanto agnostico e divorziato. Si assiste pertanto a questo curioso (e a mio modo di vedere incostituzionale) paradosso, una scuola statale di uno stato liberal-democratico in cui vige una Costituzione che proclama principi di pluralismo e tolleranza, nella quale insegna una pattuglia di catechisti nominati da un ente di diritto privato e pagati naturalmente da tutti i contribuenti. Osservo con amarezza, che a nessuno sembra ne freghi un accidente.




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