lunedì 3 novembre 2025

Due Emanueli e un cannonau






Circolando in rete mi sono imbattuto in una intervista ad Emanuele Filiberto di Savoia; uno che, con Raoul Bova, faceva svenire signorine negli anni novanta. E mi è venuto un pensiero bizzarro: Non avessimo avuto il fascismo, questo, oggi, sarebbe Re d'Italia.
Il tono d'insieme dell'intervista era memorial-moralistico: il sempre affascinante Principe (53enne) ci ha parlato - con discrezione - di possibili discese in campo: “Come per gli alcolisti: 'Per oggi non bevo'. La politica può essere una dipendenza. Oggi dico no. Ma domani non si sa”; del padre (deceduto); della madre (novantenne); dell’ex-moglie (mollata); per poi virare, alla fine, sul meditativo: “Io non ho paura della morte. Ho paura delle malattie e della sofferenza”.
D’improvviso mi è apparso un altro Emanuele, filosofo di professione; il Severino, per lunghi anni esclusivista in Italia (isole comprese) della premiata ditta Heidegger. E un' intervista rilasciata in extremis, con l’ammonimento a non confondere la morte con l’agonia. L’agonia esiste perché fa parte della vita. La morte non esiste. Nessuna cosa si annienta: tutto rifluisce nell’Essere. Lapalissiano.
Immagino un Filiberto consenziente.

E qui mi è balenata una terza scena: una scampagnata con amici, a trent’anni, sui monti di Campuomu (Ca); quando, dopo congrua auto-somministrazione di salsiccia arrosto ed etanolo cancerogeno (Cannonau), mi parve di sentire, nel dopo-pranzo, la vecchia foglia di un albero dialogare con una più giovane, “Io non ho paura di staccarmi dal ramo. Ho paura di seccare”.
Riferii la cosa agli amici; ricordo – ancora come fosse ora – un commento, “Tu ses' tottu accannonau”.